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Rosato: ora dobbiamo insistere sul cambiamento e rinnovare anche nei territori

Se il segretario Pd, Matteo Renzi, annuncia il lanciafiamme, il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, prende in mano l’estintore. Ma poi, qualche stoccata decisa alla minoranza del suo partito, in vista della direzione di dopodomani, gli scappa.

 

Rosato, lei ha detto che il Pd si è vergognato di dire cosa ha fatto in questi mesi in Parlamento. Si riferisce alla minoranza?
«Questo è uno dei problemi. C’è stata anche una incapacità, unita a timidezza, di spiegare e rivendicare le cose che abbiamo fatto in Parlamento sulle riforme. Le campagne elettorali si vincono e sí perdono per una somma di elementi, molti locali, ma ce ne sono alcuni di carattere generale».

 

Bersani vi rimprovera l’alleanza con Verdini. È stato un errore pagato con queste elezioni?
«Chiariamo bene un punto: questa legislatura è nata da elezioni che il Pd non ha vinto e si regge su un accordo conun pezzo di centrodestra. Probabilmente in campagna elettorale, anziché fare polemica su Verdini, si doveva ricordare con più forza, da parte di tutto il partito, che questo è il governo che ha fatto più riforme di sinistra, dalle unioni civili al divorzio breve, alla legge sul dopo di noi. Cose che stavano nei nostri programmi elettorali da anni e su cui non si era mai riusciti ad andare fino in fondo».

 

Renzi legge in questo voto anche una richiesta di cambiamento.
«Il Pd al primo turno non era andato male, poi, come ormai è evidente a tutti, nel
ballottaggio gli elettori di destra si sono spostati sulM5s, come indicato da alcuni loro leader nazionali. Ma è vero, quello che dice Renzi, dobbiamo saper rispondere a questa richiesta di cambiamento che arriva dagli elettori, portando avanti un percorso di rinnovamento che avevamo iniziato e che ora deve proseguire nel territorio per restituire entusiasmo anche ai nostri dirigenti locali».

 

Cuperlo chiede che si rimetta mano all’Italicum. Non vede il rischio, come sostengono molti osservatori, che l’asse destra-M5s possa essere un boomerang per il Pd?
«Non si cambia una legge elettorale appena votata senza peraltro averla mai sperimentata, non ricordo un precedente al riguardo. Ricordo, invece, che le coalizioni del centrosinistra non riuscivano a governare. Dunque, non è un tema all’ordine del giorno».

 

Piero Fassino ha detto che aver governato bene non è servito. Cosa non ha funzionato nel sistema Torino?
«Piero Fassino ha governato bene eppure non è bastato, è evidente che dobbiamo creare più empatia con i cittadini».

 

Come?
«Non penso che formule vecchie siano adeguate a problemi nuovi. Noi dobbiamo riuscire a coinvolgere di più gli elettori, i militanti e i nostri iscritti per condividere le cose che si costruiscono insieme nelle città e nel Paese».

 

Le periferie sono state il tallone d’Achille del Pd.
«Dobbiamo avere più coraggio ed andare a registrare il dissenso, qualche volta anche urlato, nei luoghi dove le persone si sentono più sole, dove spesso neanche conoscono i provvedimenti presi dal governo a loro favore. La crisi economica ha ancora una forte presa in un pezzo della società che non percepisce come incisive le misure a loro vantaggio. Sta a noi andare a incontrarli e ascoltarli».

 

Il prossimo appuntamento con le urne è per la madre delle battaglie. Bersani ha detto che se continua così voterà «sì» ma non andrà ai banchetti.
«La riforma costituzionale nel Pd l’abbiamo votata tutti, non c’è interesse di nessuno nel personalizzare il referendum, noi vogliamo fare la campagna elettorale sui contenuti, quegli stessi che sono stati inseriti nei nostri programmi elettorali negli ultimi quindici anni, ben prima che arrivasse Renzi nella politica nazionale».

 

A chi chiede l’approvazione, subito, della legge sull’elezione diretta dei senatori cosa risponde?
«Che sarà presentata e depositata in Parlamento e che dopo il referendum sarà votata».

 

Lei ha detto che nel Pd c’è molto dibattito, mentre nel MSs, grazie alle espulsioni, si parla con una sola voce. Dica la verità, è tentato?
«Mai e poi mai. Penso che sia un valore aggiunto il confronto, a volte duro, che c’è nel Pd. Ma altrove non funziona così. I nostri elettori sono disorientati perché vedono che, anche dopo un acceso dibattito e una decisione finale, ognuno va per conto suo».

 

Ci vuole il lanciafiamme?
«Reni e Bersani usano metafore e linguaggi diversi. Così come non vedo le mucche nel corridoio non vedo il lanciafiamme. Vedo, invece, l’urgenza di continuare il percorso riformista, dare un senso alle cose che ci uniscono e finirla di mettere sempre in discussione il segretario».

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