di Walter Verini
Come capita in queste circostanze, inizio con un ricordo.
Pochi mesi prima di morire – era Sindaco della bella cittadina umbra di Amelia – mi concesse una intervista che divenne un libro. Gli proposi il titolo: “Sinistra con vista”. Gli piacque subito. Tutta la sua vita, e anche le cose che aveva detto nell’intervista, sono state infatti legate a valori “classici” della Sinistra: libertà e democrazia, antifascismo , lavoro, diritti, eguaglianza. Ma anche al futuro. A riformismo, concretezza delle soluzioni, rispetto dell’avversario, capacità di dialogo. E coraggio. Coraggio di caricarsi sulle spalle la necessità di anticipare svolte, di affrontare a viso aperto sfide impopolari, di avviare percorsi nuovi, mantenendo certamente le radici ma senza timori. I suoi sondaggi quotidiani erano forniti da un rapporto stretto con il popolo, con la base sociale del Sindacato, della sua CGIL, ma anche con la società non legata al Sindacato: le imprese, il ceto medio, il mondo della cultura e della ricerca. Lama nutriva un’altra convinzione fondamentale: prima di tutto veniva l’interesse generale del Paese. Che molto spesso, certamente, coincideva per lui con quello dei lavoratori. Per questo lanciò la svolta dell’Eur, per questo in una non dimenticata intervista ad Eugenio Scalfari parlò di salario come “ variabile dipendente”, attirandosi strali dalle sinistre più radicali. Per questo, lealmente con il suo partito perché non pienamente convinto dello strumento, appoggiò il referendum voluto da Berlinguer contro il taglio della scala mobile effettuato dal governo Craxi, ma lo fece tenendo sempre e ostinatamente il filo dell’unità sindacale e della stessa CGIL. E di quella parte della CGIL ( la componente socialista di Marianetti e Del Turco) che aveva una posizione diversa da quella dei comunisti. Aveva ragione. Per questo portò senza alcun tentennamento alcuno il sindacato e la classe operaia a isolare e sconfiggere in fabbrica il terrorismo. L’omicidio di Guido Rossa, la penetrazione dei terroristi o dei fiancheggiatori dentro le tensioni sociali e aziendali, i sequestri e i ferimenti di manager e dirigenti videro nel Sindacato, in Lama ( e nello stesso Berlinguer, in Pertini) argini fondamentali. E, nonostante qualche sottovalutazione dell’organizzazione, non ebbe timore, nel ‘77, ad andare a parlare davanti all’Università di Roma, dove fu aggredito da estremisti e autonomi.
Il suo riformismo non era senza popolo. In questo risentiva positivamente sia delle sue radici nella terra di Romagna, sia della sua cultura politica legata alla sinistra di Giorgio Amendola, Gerardo Chiaromonte, Emanuele Macaluso, Giorgio Napolitano. Per questo parlare di Luciano Lama non è guardare indietro. Ma guardare ad una “ Sinistra con vista”. Oggi – dopo la pandemia e non solo – stanno davanti a tutti, e al sindacato, sfide inedite. Che richiedono visione e coraggio. L’unità sindacale non può più essere declinata come trent’anni fa. È matura nelle cose, è urgente. Lo strumento della concertazione deve vedere soggetti e corpi intermedi forti e rappresentativi, ma determinati a fare sintesi e decidere. Il rapporto tra impresa e lavoro già nei fatti è radicalmente cambiato e forse è ora non solo di “codificarne” la comunità di destino , ma anche di sperimentare coraggiosamente forme di codecisione coinvolgendo pienamente nelle dinamiche e nei piani industriali di gruppo o aziendali le rappresentanze dei lavoratori. E c’è la grande saldatura da compiere nel Paese con le giovani generazioni, contro la precarizzazione dell’esistenza, per un vero futuro di lavoro, di cittadinanza, di vita. Nella lezione di Lama ( ma anche in quella di altri sindacalisti che non ci sono più: tra questi Vittorio Foa, Pierre Carniti, Bruno Trentin…) ci sono elementi di straordinaria attualità, almeno come ispirazione. Anche in un tempo radicalmente trasformato rispetto al Novecento di Lama. Non lasciarli per strada, farli vivere nelle condizioni di oggi significa necessaria fatica riformista.