Richetti, vi apprestate a incassare una sconfitta in Sicilia grazie alle divisioni a sinistra?
«Di sicuro la scelta di Mdp e sinistra italiana di non stare nel patto civico costruito col centrosinistra di Pisapia e Orlando indebolisce il nostro schieramento. Ma credo che la partita sia aperta e che i siciliani non abbiano molta voglia sia dell’improvvisazione grillina che delle opacità del centrodestra».
Lei è sicuro che Pisapia stia con voi?
«Beh, mi stupirei del contrario: se Giuliano è in campo per unire il centrosinistra non può che guardare bene ad un’operazione in cui i partiti fanno un passo indietro per dare vita a un centrosinistra rinnovato e più largo possibile. Questa operazione è costruita da Orlando che era in piazza Santi Apostoli per sostenere il progetto di Pisapia».
Pensate di ripetere lo schema di alleanza siciliano anche alle politiche?
«Al momento la disponibilità di Alleanza popolare riguarda la Sicilia dove c’è un sistema di elezione diretta del presidente per cui è fondamentale costruire uno schieramento che possa avere un voto in più degli altri. Cosa che dovrebbero comprendere anche Fava e D’Alema. Alle politiche mi auguro che il Pd sappia andare oltre se stesso e ospitare esperienze liberaldemocratiche da una parte e progressiste dall’altra».
Con un listone unico alla Camera da Pisapia ad Alfano e una coalizione al Senato?
«Diciamolo con chiarezza. Che la legge elettorale richieda lista o coalizione, l’esigenza di allargarci per noi rimane. E senza giri di parole, da una parte Calenda e l’esperienza che sta costruendo sui valori dell’Europa e della liberal-democrazia, e dall’altra Pisapia con l’esperienza di un campo Progressista e solidale sono non solo alleati, ma eventuali compagni di strada in una lista unica laddove il sistema continuasse a prevedere questo».
E Alfano sarebbe digeribile per il vostro mondo?
«Su Alfano la questione è semplice: se si supera la collocazione anche nella denominazione di nuovo centrodestra, si apre un dialogo: come fu quando i popolari scelsero il campo di gioco di centrosinistra in alleanza con i progressisti. Altrimenti non si può partire con questo elemento di ambiguità ».
E crede che Pisapia si separerà da Bersani e D’Alema?
«Ma nei fatti si è già separato! Lui è in campo per unire, loro per dividere. Lui guarda al progetto di centrosinistra, loro all’avversario che è il segretario Pd. Mi paiono differenze troppo profonde, più che una separazione rispondono alla costruzione di progetti diversi».
I sondaggi testimoniano un’ascesa di popolarità per Gentiloni e alcuni ministri. Resterà Renzi il premier designato dal Pd? O ci sarà un pressing nel partito pro Gentiloni?
«Nelle democrazie moderne si va davanti agli elettori con i leader dei partiti o degli schieramenti. Il nostro leader è più forte e legittimato di prima. Ma -e lo dico da italiano prima che dirigente del Pd- visti i frutti raccolti da questo esecutivo mi auguro che nel prossimo non manchino personalità come Gentiloni, Delrio e Minniti».
Se nessuno vincesse e servissero larghe intese, Minniti sarebbe favorito visto il successo che riscuote nel centrodestra?
«Mi fa questa domanda nel giorno in cui i dati dell’economia ridanno fiducia agli italiani, il cui voto mi auguro non porti alla necessità di larghe intese. E comunque queste sono prerogative di Mattarella»
Pensate sia meglio correre alle urne in marzo per cavalcare l’onda della ripresa economica o va bene anche più in là ?
«La legislatura ha un decorso fisiologico, ci sono un paio di provvedimenti importanti come la legge sui vitalizi che porta il mio nome e per la quale mi auguro che le resistenze non celino la difesa di rendite di posizione e lo Ius Soli che vanno approvate. Dopodiché il varo della legge di bilancio, che deve cogliere i dati positivi per un intervento secco a favore dei giovani, segna di fatto la fine della legislatura».