«Il rischio recessione c’è, è come se dal decreto dignità in poi si fosse spinto il tasto dell’autodistruzione. Ma siamo ancora in tempo a fermarci, i nostri governanti recuperino lucidità». Matteo Renzi, reduce da una serie di incontri con investitori negli Stati Uniti, dove ha tenuto anche delle lezioni all’università di Stanford, rileva qualche preoccupazione nei confronti dell’Italia. E su Carige e Tav lancia due messaggi, tanto al governo quanto al suo partito: «Visto che ci hanno copiato, il Pd deve votare a favore del decreto salva-Carige». Quanto all’ipotesi di referendum sulla Tav, Renzi è fortemente contrario: «Sulla Tav decide il Parlamento, non il referendum. Salvini ci metta la faccia».
È un periodo di grande dinamismo per lei, senatore Renzi: incontri con il mondo della finanza a Milano, incontri con il mondo della finanza a New York…
Per me è un lusso girare il mondo incontrando persone di qualità, dialogando, studiando, imparando. Mi preparo a un futuro che tornerà presto. Per me questo è il tempi di una battaglia culturale con progetti come quello televisivo su Firenze ma anche con incontri in tutto il mondo, dalla SSilicon Valley alla Cina profonda. Nel frattempo però faccio il parlamentare nel mio collegio che curo “vecchia maniera”, com’è giusto che sia.
Nei suoi colloqui con gli investitori stranieri ha rilevato qualche segnale di fiducia o c’è sempre il rischio-Italia?
Inutile negarlo: la preoccupazione c’è. In tutto il mondo si annuncia una perturbazione. Sta per piovere, forse per diluviare. E sembra che il governo italiano rifiuti di prendere l’ombrello. Colpisce soprattutto la mancanza di fiducia in questa classe dirigente: se Di Maio si affaccia dal balcone, i media italiani pensano a Mussolini, ma gli investitori internazionali pensano a Peron. Che nella loro mente forse è persino peggio: il simbolo del populismo che prende la quarta nazione più grande del mondo,l’Argentina, e la distrugge. Tuttavia quando io vado all’estero parlo sempre bene dell’Italia. Sono fedele a quel principio anglosassone: giusto o sbagliato, è il mio Paese. Il mio mantra è semplice: anche se non siete convinti del pilota, sappiate che la macchina è ottima. E quando dico “la macchina” mi riferisco al sistema delle aziende italiane, soprattutto delle piccole e medie.
Intanto l’Istat, rendendo pubblici i dati sulla produzione industriale, ha parlato di rischio recessione.
Il rischio recessione mi sembra sempre più evidente. E il paradosso è che i nostri governanti sembrano non accorgersene, se si considerano i sogni a colori che sta facendo Luigi Di Maio quando parla di nuovo boom economico. La cosa drammatica è che l’Italia – dopo il superammortamento, la riduzione dell’Irap e le altre scelte di politica economica fatte dal nostro governo – aveva recuperato il -tasso di crescita pro capite della Germania come per primo ha sottolineato Marco Fortis sul Sole 24 Ore. Improvvisamente, dal decreto dignità in poi, è stato spinto il tasto dell’autodistruzione. Siamo ancora in tempo a fermarci, ma occorre che i nostri governanti recuperino lucidità.
Che cosa ne pensa del salvataggio della Carige deciso dal governo Conte? Di Maio e Salvini dicono che loro salvano i risparmiatori mentre voi avete salvato le banche.
Il governo ha fatto bene. Non a caso hanno fatto copia e incolla del decreto Gentiloni sul Monte dei Paschi. È lo stesso intervento, lo stesso decreto. Tifano che Di Maio e Salvini cerchino di distanziarsi dimostra quanto siano meschini e quanto abbiano la coscienza sporca per l’indegna propaganda che hanno fatto contro di noi in campagna elettorale. Il tempo è galantuomo e la verità arriva: ci hanno insultato per quello che facevamo e poi hanno fatto come noi. Al punto che mi piacerebbe che il Pd votasse a favore del decreto Conte-Tria. Sarebbe il segno più evidente che loro fanno propaganda e noi facciamo l’interesse degli italiani. Noi abbiamo salvato i correntisti e le famiglie. Chi dice il contrario o mente o non capisce. O tutte e due, come nel caso di Di Maio. Non solo: nel primo intervento delle quattro banche, quello di Etruria e Ferrara, a differenza di Genova o di Siena non è stato messo un euro di denaro pubblico e i banchieri sono stati mandati a casa, altro che storie.
Però nel caso di Etruria c’era un potenziale conflitto di interesse…
Nessun conflitto d’interesse, perché abbiamo mandato a casa tutti i membri del Cda. Quanto ai potenziali conflitti di interesse: ne vedo solo uno e riguarda il premier. Penso che Conte possa agevolmente uscirne avendo la dignità di venire in Parlamento a chiarire se sui suoi rapporti con Alpa ha mentito davanti a Bruno Vespa o ha mentito nei documenti ufficiali della Camera dei deputati. Non è un dramma, tutto si risolve, nessuno di noi ha intenzione di alimentare la polemica con il presidente del Consiglio. Ma sui rapporti con i suoi clienti, dal sistema delle concessionarie autostradali al finanziere Mincione, il premier non può essere reticente. Viene dipinto come una persona seria, è interesse suo e del Paese che si dimostri tale anche nel rapporto con l’opposizione. I parlamentari, infatti, rappresentano il popolo: non sono solo la claque da chiamare sotto il balcone di Palazzo Chigi quando si “abolisce la povertà”.
Dopo il via libera alla legge di bilancio il governo deve ancora definire le due partite più importanti: reddito di cittadinanza e quota 100. Il suo giudizio sulla manovra resta negativo anche dopo il via libera di Bruxelles?
Reddito di cittadinanza e riforma della Fornero condividono lo stesso principio: danno una mano a chi non lavora o per non lavorare più. Tecnicamente è la filosofia dell’assistenzialismo, della decrescita felice, del “Paga Pantalone”. E non a caso si collega concettualmente alla logica dei condoni che aiutano chi non ha rispettato le regole. Personalmente amo un’altra cultura: lavorare, fare fatica, sudare. Ma godere dei risultati con la propria famiglia, la propria azienda, i propri dipendenti. E pagare tutti le tasse ma pagarle meno: come abbiamo iniziato a fare con il canone in bolletta. Adesso che lo pagano tutti, si paga meno. Quando siamo stati al Governo abbiamo cercato di fare superammortamento e riduzione dell’Irap, non sussidi come il reddito di cittadinanza. C’è una differenza abissale tra noie loro. La filosofia di dire no alla Tav è la stessa. Che bisogno c’è di nuove infrastrutture per chi vuole stare sul divano e per chi non crede nel futuro? Questi sognano la “decrescita infelice”. Quanto a Salvini sta diventando imbarazzante: è accompagnato dai peana di tutto il mondo dell’informazione ma quando uno rincorre sui social una quarantina di poveri disperati e non si rende conto che nel frattempo sta bloccando l’economia del suo Paese può rischiare di fare una figuraccia sui migranti e di deludere la sua base elettorale al nord. E allora deve rilanciare: e prima fa la guerra a Gattuso sulla formazione del Milan, e poi fa la guerra a Baglioni su Sanremo, mi aspetto che da un momento all’altro spieghi al Papa come fare gli Angelus. Si è montato la testa, peccato.
A proposito di Tav e di Salvini, il ministro dell’Interno ora sposa l’idea del governatore del Piemonte Chiamparino di fare un referendum. Può essere una soluzione?
Per me è un’assurdità. Che facciamo adesso: i referendum su tutto? Tav, reddito di cittadinanza, Fornero, e poi? Siccome il Parlamento c’è ancora, perché Beppe Grillo non l’ha abolito per il momento, si voti in Parlamento. Un dossier come la Tav non può essere deciso da un uomo solo, a maggior ragione se l’uomo si chiama Danilo Toninelli. Vogliono bloccare tutto? Devono venire in Parlamento, non solo in Consiglio dei ministri. E in Parlamento c’è una netta maggioranza in favore della Tav: noi, Forza Italia, la Lega, le Autonomie. I numeri ci sono: Salvini si prenda le sue responsabilità e ci metta la faccia. Troppo comodo organizzarsi a piacimento un referendum. Allora, paradosso per paradosso, facciamo un referendum anche su questa legge di bilancio: sicuri che il reddito di cittadinanza piaccia alla maggioranza delle persone che fatica e si spezza la schiena?
Da parte di alcuni esponenti del Pd si è sentita l’accusa che la manovra alla fine è stata scritta da Bruxelles. In realtà dalla Commissione Ue è arrivato il via libera sulla riduzione del deficit nel frattempo intervenuta ma le perplessità sui contenuti restano, soprattutto su quota 100 che scardina una delle riforme, quella delle pensioni, che hanno più rassicurato i nostri partner europei sulla tenuta dei nostri conti pubblici negli ultimi anni. Lei ha sostenuto che il problema non è lo sforamento del deficit, ma lo sforamento per fare che cosa…
Puoi sforare il deficit a tre condizioni. Uno, fai riforme strutturali come JobsAct o Fornero. Due, abbassi il debito anche con una tantum. Tre, metti tutto il deficit aggiuntivo in uno shock fiscale. Era la mia proposta, lanciata proprio sul Sole, chiamata “Operazione Capricorno”. Io avrei potuto farlo se avessimo vinto il referendum o le elezioni, perché ti ci vuole una forte legittimazione per fare una cosa del genere. Ma se butti giù 40 miliardi di tasse la gente lo vede. Questi invece hanno alzato la pressione fiscale. E non mi si dica: ah, ma è solo per le banche. Intanto hanno raddoppiato l’Ires al volontariato e al no-profit, altro che banche. E poi perché se aumenti le tasse alle banche mentre stai mettendo soldi pubblici per salvarle significa che sei disconnesso dalla realtà. Ovviamente le banche alzeranno il costo dei conti correnti. Di Maio e Salvini prenderanno due like in più su Facebook e nel frattempo l’economia italiana andrà sempre peggio. Con noi i sondaggi sono andati giù ma le statistiche su posti di lavoro, fiducia imprese, Pil sono saliti. Loro pensano ai followers, non all’economia.
Secondo lei il governo Conte durerà? E in caso di crisi vede un ritorno alle urne o un altro tipo di governo?
Il governo come è fatto ora non può durare. Lo sanno anche loro e del resto basta vedere certe uscite di questa presunta lasse dirigente per rendersene conto. Non so però se hanno in testa un Conte bis, l’Opa di Salvini sulla maggioranza con la sponda di Berlusconi o – in caso di crisi finanziaria che io non mi auguro – un governo tecnico. Quello che penso è che non andremo ad elezioni. I parlamentari dell’attuale maggioranza non molleranno le loro poltrone nemmeno sotto tortura: e quando mai gli ricapita un’occasione del genere? E nelle strutture istituzionali o del potere allargato, a cominciare dalla Rai, è iniziata una notte dei lunghi coltelli mai vista: vedi certi Tg e rimpiangi Emilio Fede, non la Rai di Minzolini. I populisti sono così dappertutto: contro il sistema in campagna elettorale, pienamente integrati dal giorno dopo. Per chi come noi ha una certa esperienza certe immagini sono patetiche ma fisiologiche nel sistema italiano: dunque osserviamo, sorridiamo, memorizziamo. E ci prepariamo, studiando, girando il mondo e facendo una dura opposizione sulle loro folli misure. Perché il populismo è un palloncino gonfiato, può scoppiare da un momento all’altro.
Nelle ultime settimane lei ha preso tutte le distanze possibili dal congresso in corso nel suo partito. Sta preparando il suo ritorno in campo sotto altre bandiere?
Mi pare che finalmente il gruppo dirigente del Pd abbia iniziato a capire che il problema non sono io. Hanno finalmente smesso di attaccare il Matteo sbagliato. Bene. E dall’altro lato si è capito che l’alleanza coi Cinque Stelle – che in tanti leader volevano – sarebbe stato un suicidio. Sia Martina che Zingaretti che Giachetti hanno negato l’accordo coi grillini: mi pare una bella vittoria della nostra linea. Adesso si faccia il congresso e vinca il migliore. Io darò una mano facendo una battaglia culturale ed educativa – senza tregua- contro questo populismo cialtrone e incapace.
Insisto. Le strade di Renzi e del Pd sono destinate a dividersi? Qualcuno dice anche prima delle europee…
Vorrei parlare di realtà, non di fantapolitica.