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Renzi: “L’Italia deve avere coraggio”

«Credo a un’Europa con l’anima, un’Europa che riscopra il suo senso di identità, la sua passione, il suo disegno profondo». Così il presidente del consiglio Matteo Renzi nell’intervista rilasciata ieri al nostro giornale. Prima dell’incontro al Centro congressi sulle ragioni del Sì al referendum, il premier havisitato la redazione de L’Eco di Bergamo e ha parlato a tutto campo dello scenario nazionale e internazionale: dallavittoria di Trump negli Stati Uniti alla politica interna alla crisi del lavoro. E sul referendum dice: «Ho sicuramente sbagliato a personalizzare». Ma la sfida è ancora aperta: «Mancano venti giorni e può succedere di tutto. Credo che la vera scommessa sia chiedere che l’Italia cambi». Pieno il Centro congressi.
 
Matteo Renzi ci crede, ci crede fino fondo, e darà battaglia fino all’ultimo per cercare di convincere gli indecisi a votare «sì» al referendum del prossimo 4 dicembre. Lo ha dimostrato chiaramente anche ieri a Bergamo, intervenendo nel pomeriggio al Centro congressi in un’iniziativa promossa dai democratici a sostegno del «sì», così come nel corso dellavisita che il presidente del Consiglio hagentilmente fatto a L’Eco di Bergamo. Oltre un’ora, durante la quale il premier ricevuto daivertici della Sesaab, la società editrice del giornale, e accompagnato dal suo stato maggiore e da alcuni parlamentari bergamaschi del Pdha concesso anche unalunga intervista atutto campo. E prima di lasciare la redazione, un saluto in diretta anche ai lettori del sito internet del giornale e una chiacchierata trasmessapoco dopo da Bergamo Tv. Ma al giornale non si è parlato soltanto di politica, ma anche di calcio e di Atalanta, con un premierben informato non solo sulla prima squadra nerazzurra, ma anche sulla «Primavera», in particolare quella allenata da F’randelli parecchi anni fa.
 
Cominciamo dall’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: cambierà effettivamente qualcosa con il suo arrivo alla Casa Bianca?
 
«Cambierà molto dal punto di vista dellapolitica americana, ma ancora non sappiamo come il nuovo presidente si comporterà. Non dimentichiamo che è il primo presidente della storia degli Stati Uniti che non ha svolto in precedenza alcun servizio pubblico come governatore, senatore, come uomo politico e nemmeno come militare. Si tratta di un inedito assoluto. Difficile capire come interpreterà il proprio ruolo. Non cambia niente nel rapporto tra Italia e Stati Uniti, nel senso che l’amicizia atlantica è un punto di riferimento assoluto. Va bene qualsiasipresidente con qualsiasi primo ministro.Vanno bene Bush e Berlusconi, Renzi e Obama,e va bene da Clinton a Trump. Non c’è alcuna distinzione sotto questo profilo. Cambieràlapolitica americana, vedremo come».
 
E nei rapporti con l’Europa e la Nato?
 
«A me sembra che sia ancora un tematutto difficile da capire. Suggerirei grande prudenza.Aspettiamo i fatti. Credo che il Trump presidente sarà diverso dal Trump candidato e comunque ciò su cui ci sarà bisogno di lavorare sarà oggetto di una grande riflessione tutti insieme. Eviterei i toni di preoccupazione di queste ore».
 
Per restare in tema di politica estera, cosa ha in mente per il fronte libico?
 
«È evidente che sulla questione libica paghiamo gli errori del passato. L’intervento del 2011 è stato sbagliato nel modo, nella te mpistica e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze cominciando dall’immigrazione. Mal’Italia sta facendo la suaparte perché il governo formatosi in Libia abbia un futuro. È un’impresa molto complicata, ed è anche per questo che attribuisco grande importanza alla politica estera: prima di fare scivoloni come quello libico ci vuole grandebuon senso e grande equilibrio, perché poi i risultati del disastro li stiamo pagando noi. Lavoriamo perché finalmente il governo in Libia sia solido».
 
Dopo il «Chi se nefrega» diJuncker, come stiamo in Europa?
 
«Dal punto di vista personale ci siamo sentiti: mi ha chiamato e mi ha spiegato che si riferiva al “Chi se ne frega” dell’austerity, ma io penso che l’Europa così com’è non funzioni. Da un lato c’è la visione di Salvini”Via dall’euro” -, dall’altra c’è lavisione dei tecnocrati alla Mario Monti “Ce lo chiede l’Europa” -. Io credo a una terzavia. Un’Europa con l’anima, un’Europa che riscopra il suo senso di identità, la sua passione, il suo disegno profondo. Gli ideali che hanno fatto grande il Vecchio Continente, quel sogno unitario che però deve essere concreto. Non è possibile che l’Europa ci lascino con l’immigrazione in queste condizioni. Non è possibile che chieda i nostri soldi e noi que aiutato molto a ripartire. Dunque un po’ di tasse sono state ridotte. Con la nuova misura, ci saranno essenzialmente due tasse che andranno giù. Una è l’Ires che passa dal 27,5 al 24%, e una è l’Iri per le aziende piccole, che anziché avere la tassazione modello Irpef avranno una tassazione al 24%, esattamente come l’Ires. Sì, le tasse continuano ad andare giù, però ancora troppo piano per i miei gusti». Lei ha detto che se vince il no, non resta «a galleggiare».
 
Se vince il sì cosa succede?Se vince il no cosa succede?
 
«Se vince il sì l’Italia cambia, se vince il no l’Italia rimane com’è adesso, con un sistema molto complicato, un sistema di arzigogolii burocratici che a mio giudizio non funziona. Vedremo quello che accadrà. Io ho 41 anni e non voglio diventare come gli altripolitici romani, che stanno lì aggrappati alla poltrona, che stanno lì soltanto a pensare a se stessi e alloro futuro. Iovoglio restare se sipuò cambiare l’Italia. Se l’Italia non vuole cambiare, ci saranno persone più brave e più adatte di me a vivacchiare e a galleggiare. Però, io sono molto convinto che vinca il sì, perché tante persone, la maggioranza silenziosa di questo Paese ha voglia di cambiare e non può accettare che l’ennesima occasione sia buttatavia, venga sprecata. Francamente sarebbe triste».
 
I segnali della ripresa economica sono un po’ contrastanti. Oggi, ad esempio, lo spread è andato a 183…Questa ripresa c’è oppure no?
 
«La ripresa c’è. Lo spread è ovviamente legato al referendum e sta risalendo perché gli operatori internazionalihanno paura di quello che potrà accadere conta consultazione referendaria. Questo è evidente, e lo dobbiamo accettare, perché è una delle regole del gioco. Se l’Italia cambia, è evidente che lo spread andrà giù, se l’Italia va in crisi, è evidente che lo spread andrà su. Anche per questo, secondo me, haun senso continuare il processo di riforme. In questi due anni e mezzo abbiamo fatto un sacco di cose. Due anni e mezzo fa l’Italia era il punto di riferimento più negativo, insieme alla Grecia.Adesso è diventato un Paese che si giocale proprie carte con gli altri.A me piacerebbe che fossimo capaci di giocare con più determinazione la carta dell’innovazione e del coraggio».
 
Intervista su L’Eco di Bergamo

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