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De Vincenti: “Referendum autonomisti in Lombardia e Veneto? Inutili e costosi: sarebbe bastata una lettera”

I riflessi dello scontro in atto in Catalogna rendono in qualche modo piĆ¹ viva l’attenzione verso i referendum “autonomisti” in programma in Lombardia e Veneto. Vede anche lei qualche correlazione, ministro De Vincenti?
Ā«Non vedo alcun collegamento. I referendum in Lombardia e Veneto in realtĆ  sfondano una porta aperta: per attivare, come chiedono i due quesiti referendari, la procedura dell’articolo 116 della Costituzione in materia di “ulteriori forme di autonomia” basta, come recita appunto la Costituzione, una richiesta della Regione al governo, sentiti gli enti locali. In sintesi, basta una lettera del presidente della Regione. E su questo il governo ĆØ del tutto aperto al confronto con le Regioni. Aggiungo che, comunque vadano i due referendum, da parte nostra c’ĆØ totale disponibilitĆ  al confrontoĀ».

Alcuni sindaci del Pd hanno aderito ai referendum autonomisti. Dove sbagliano?
Ā«Rispetto le scelte che si fanno sul territorio, non c’ĆØ problema. Magari potevano piĆ¹ semplicemente ricordare ai presidenti di Regione che c’era la strada piĆ¹ rapida e meno costosa giĆ  indicata dalla Costituzione, quella della letteraĀ».

Quanto costano questi referendum? In Spagna la Corte dei Conti vuole addebitare a singoli amministratori il costo del referendum catalano del 2014. E’ ipotizzabile una analoga iniziativa in Italia?
Ā«Come ho appena detto, io credo sia giusto rispettare le scelte che fanno gli enti decentrati. Comunque, i costi sui bilanci delle due regioni ci saranno, eccome. Dalle prime stime delle regioni stesse, circa 50 milioni per la Lombardia, una ventina per il Veneto. Seguendo la procedura indicata dalla Costituzione, che in ogni caso andrĆ  seguita comunque vadano i referendum, quelle risorse potevano essere utilizzate per interventi sul territorioĀ».

Il centrosinistra ha modificato la Costituzione in senso federalista nel 2001. Fu una buona idea?
Ā«Nell’insieme ĆØ stato un passaggio positivo perchĆ© ha conferito maggiore autonomia ma anche maggiore responsabilitĆ  a Regioni e Comuni. Il punto che andrebbe corretto, ed ĆØ quanto abbiamo cercato di fare con la riforma costituzionale ma, come sappiamo, senza successo, era la sovrapposizione di competenze in alcuni campi importanti per la vita dei cittadini che richiedevano invece una piĆ¹ chiara e netta attribuzione di responsabilitĆ  tra Stato e Regioni. Ricordo comunque ai presidenti di Lombardia e Veneto, che si sono schierati per il no al referendum costituzionale, che la riforma che hanno contribuito a bloccare prevedeva la possibilitĆ  per le Regioni di chiedere forme di autonomia ancor piĆ¹ ampie di quelle che loro chiedono oggiĀ».

Cosa risponde a chi dice che il governo Gentiloni ĆØ accentratore? Avete attenzione ai territori e alle energie locali (se esistono)?
Ā«Il governo Gentiloni non ĆØ accentratore, piuttosto ĆØ un governo che, come il precedente governo Renzi, non ha paura di assumersi di fronte ai cittadini le responsabilitĆ  che spettano a un governo centrale, senza cercare alibi di sorta. La nostra attenzione ai territori ĆØ fortissima. Cito un solo esempio, i Patti con le Regioni e le CittĆ  metropolitane per gestire al meglio insieme i fondi di coesione nazionali ed europei. Lo abbiamo fatto anche con la Lombardia e non mi sembra che Roberto Maroni abbia avuto qualcosa da ridire, anzi!Ā»

Lei si occupa di Mezzogiorno e di aree svantaggiate. Dica due o tre iniziative che stanno accorciando il divario Nord-Sud in particolare in riferimento alla fuga di giovani qualificati dal Sud.
Ā«Ne dico tre. Il credito d’imposta per gli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno ha giĆ  attivato da quando ĆØ entrato pienamente in vigore, cioĆØ da aprile scorso, 2 miliardi e 900 milioni di nuovi investimenti al Sud. La decontribuzione per i nuovi assunti nel Mezzogiorno tra gennaio e agosto ha portato a 74 mila nuove assunzioni a tempo indeterminato. Con il decreto legge Mezzogiorno varato dal governo a giugno e approvato dal Parlamento ai primi di agosto abbiamo introdotto la misura “Resto al Sud”: capitale che lo Stato mette a disposizione dei giovani che vogliono fare impresa nel Mezzogiorno; si tratta di un investimento di 1 miliardo e 300 milioni che il governo fa sul protagonismo dei giovani meridionaliĀ».

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