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Quartapelle: la politica sia unita per chiedere la verità su Regeni

«Per il modo in cui si sta comportando sul caso drammatico di Giulio Regeni
il rapporto di fiducia con l’Egitto è venuto meno, come alleato non è un Paese affidabile. Il governo italiano si sta muovendo bene, ma le forze politiche su questo devono essere unite», è il parere di Lia Quartapelle, giovane deputata Pd, segretaria della commissione Esteri e membro della direzione nazionale dem.

 

Cosa pensa dell’appello lanciato da Walter Veltroni sull’Unità, perché della tragica vicenda di Giulio Regeni si faccia carico l’Europa e non sia solo una questione fra l’Italia e l’Egitto?
«È ovvio che è una questione che va ben al di là dell’Italia. Veltroni fa bene, ma in parte già sta avvenendo questo. La settimana scorsa l’assemblea parlamentare della Nato in Egitto ne ha parlato con il presidente Al Sisi e ha sollecitato la ricerca della verità. Era prevista il 17 marzo la visita di parlamentari egiziani a Strasburgo, ma non c’è stata, e Federica Mogheríni ha sollevato la questione pubblicamente; la commissaria Malmstrom ha chiesto informazioni sul caso alla presidente della Camera, Laura Boldrini e a L’Aia nella riunione delle commissioni Esteri e Difesa si è parlato di questa situazione. Insomma, oggi tutti gli europarlamentari sono al corrente, il caso Regeni è già sotto i riflettori. L’attenzione però va sicuramente rafforzata, resa sistemica, perla gravità del caso e perché ormai è diventato un simbolo».

 

Anche perché non è un caso isolato, come invece gli egiziani vorrebbero far credere alla madre di Giulio.
«La vicenda di Giulio è drammatica in sé e non è un caso isolato. Ci sono i casi egiziani ma quello italiano inquieta i partner internazionali. Ci mostra che i regimi che reprimono in questo modo e che si contraddicono così tanto, non possono essere alleati affidabili. Ci sono due fragilità dell’Egitto: una interna, di un regime che per sopravvivere ha bisogno di tanta brutalità delle forze di sicurezza, l’altra fragilità è nei rapporti esterni, con tante coperture della verità e simili contraddizioni si è capito che non ci si può fidare».

 

Il governo si è mosso bene?
«Gentiloni ha detto che l’Italia è pronta a ogni passo, aver richiamato l’ambasciatore per consultazioni, non per sempre, è il primo passo. Segno che le relazioni diplomatiche non funzionano, anche se non sono interrotte. Il governo non ha tentennato, si è mosso bene, del resto non avrebbe potuto fare altro».

 

Veltroni chiama anche all’unità delle forze politiche e sollecita delle mobilitazioni bipartisan.
«Alcune ci sono state, per lo meno a Milano, la mia città, con il sindaco Pisapia. È importante anche l’iniziativa di Amnesty con i Comuni, “Verità per Giulio Regeni” e potrebbe espandersi. Ma la cosa più importante è che ci sia unità in Parlamento. Nel dibattito in aula martedì scorso alcune forze politiche hanno espresso dubbi sulle mosse del governo».

 

Quali?
«I 5 Stelle, soprattutto, che hanno usato la vicenda per fare propaganda, e in parte Fi. Ma il dibattito di martedì e la decisione di venerdì dicono che l’Italia è determinata a trovare la verità e che serve l’unità tra le forze politiche. Tutti insieme possiamo aumentare la forza con cui chiedere la verità all’Egitto».

 

Come si spiega la reticenza egiziana?
«Al Sisi inizialmente si è speso per far arrivare la sua vicinanza alla famiglia Regeni, consapevole che fosse un caso a cui gli italiani tengono molto. Ma un’alleanza fra Paesi è costruita su rapporti di fiducia reciproca, invece non c’è più».

 

Non era una reazione prevista?
«No, è stata univoca. L’Italia all’inizio è stata aperta, non intimidatoria verso l’Egitto, siamo stati disponibili a creare un pool comune per le indagini, con fiducia. L’Egitto invece a ogni passaggio ha tradito e dileggiato la ricerca della verità. Prima con ricostruzioni fantasiose, poi con l’omissione di parti importanti dell’inchiesta come i tabulati informativi e i video che tra l’altro l’ltalia potrebbe usare con più strumenti tecnologici. È chiaro che non si vuole collaborare con un alleato, non si vuole cercare la verità insieme».

 

Per lotte di potere interne?
«L’impegno diretto di Al Sisi c’è stato ma non tutte le autorità egiziane hanno la stessa opinione su quale versione dare all’Italia. E con le ricostruzioni incredibili o offensive della memoria di Giulio l’immagine dell’Egitto sta cambiando anche per gli altri partner europei».

 

L’Italia dovrebbe intervenire sugli scambi economici, sul turismo?
«Allargare l’attenzione oltre i rapporti bilaterali fra Italia e Egitto può aiutare lo stesso Paese del Nord Africa, che è strategico per tutti, a chiarire la sua posizione sulle questioni interne e l’Italia a trovare la verità. Ma il percorso, purtroppo, è lungo, richiamare l’ambasciatore è stato il primo passo»

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