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Quale Europa nel mondo che cambia

Sul palco centrale della Festa nazionale de L’Unità di Catania, in corso di svolgimento nei giardini di Villa Bellini si è svolto il dibattito “Quale Europa nel mondo che cambia” conPatrizia Toia, capo-delegazione del Partito democratico al Parlamento europeo e Piero Fassino, presidente Anci.

 

Quale possono essere le conseguenze del voto tedesco dove le forze ultranazionaliste avanzano?

Per Patrizia Toia “la sconfitta della Merkel va analizzata con le prossime elezioni tedesche in autunno. Ma sicuramente questo voto è un chiaro capannello d’allarme per la sua coalizione molto eterogenea e lo stesso vale anche per noi in Italia. In Germania hanno perso anche i socialdemocratici e i verdi. Con molta serietà dobbiamo guardare questa ondata di paura, soprattutto economica, sociale e di sicurezza che spinge le persone a votare compagini populiste. Quindi dare risposte giuste, risposte vere e non solo quelle conservatrici e popolari che oggi hanno prodotto tante difficoltà in Europa. Abbiamo la necessità di lavorare con la Germania e di contenere allo stesso tempo le politiche di austerity”.

 

“Se guardiamo i voti negli ultimi anni in Europa – ha replicato Piero Fassino – vediamo un’unica tendenza: dalla Francia con la Le Pen, alla politica antieurpeista di Farage in Inghilterra e la conseguente Brexit, passando poi per la crisi governativa in Spagna, le forze in Ungheria e Slovacchia, la spinta populista è molto forte e spira su tutta l’Europa. Una spinta che va nella direzione della disgregazione, una spinta figlia della crisi economica e del malessere sociale. Se a questo aggiungiamo il problema dell’immigrazione e il terrorismo, il sentimento di inquietudine diventa dilagante. Da qui il ripiegamento dell’opinione pubblica e la vittoria di chi riesce a cavalcare la paura a fini elettorali”.

 

“Io continuo a pensare – ha continuato Fassino – che c’è una sola strada per risolvere i problemi europei: nessuno può rispondere alle sfide della globalizzazione da solo, serve collegialità e azioni concrete da parte dell’Europa. Mettere a fattore comune il sapere e la cultura per affrontare i problemi. Veniamo da anni in cui la risposta delle colpe di tutto era sempre l’Europa e dove nessuno voleva mai assumersi le proprie responsabilità. Questo certo non vuole significare che non ci siano state insufficienze e che molte politiche europee siano esenti da errori”.

 

Dello stesso pare anche Patrizia Toia. “Anche io sono insoddisfatta di come stanno andando le cose. L’Europa è davvero insufficiente su molti aspetti ma è altrettanto vero che l’Europa che ‘non fa’ è quella fatta dai governi nazionali, ovvero quella del Consiglio europeo. Sono gli stessi capi di Stato che nella ripartizione di responsabilità poi si tirano indietro. Si prendono decisioni che vengono poi smentite il giorno dopo (mi riferisco soprattutto ai paesi dell’Est come Ungheria e Slovacchia). In altre parole l’Europa si traduce non in un organismo sovranazionale ma la semplice somma di tanti paesi, alcuni dei quali, solo interessati al proprio tornaconto nazionale”.

 

Per Piero Fassino “l’Unione europea è nata per costruire una nuova entità mantenendo però allo stesso tempo gli stati nazionali. Quelli stessi stati sono ancora oggi molto gelosi nel trasferire la loro sovranità all’Europa. Se nella crisi Ucraina, in tutti i vertici non sono mai stati invitati Junker o Mogherini, questo è significativo. Ogni qualvolta che su un dossier delicato si devono dare risposte europee emergono sempre gli interessi dei singoli stati che frenano il potere decisionale e la forza del provvedimento”.

 

“Ma come dicevo prima, non esiste un’altra strada da percorrere per dare risposte ai problemi: da soli non si va da nessuna parte, nessuno stato è in grado di risolvere i problemi globali da solo. La soluzione dei problemi sta nella collegialità dell’Europa. Serve una forte coesione soprattutto tra tre stati europei: Italia, Francia e Germania. Sono questi tre paesi che possono fare da traino per tutta l’Europa a partire da una maggiore flessibilità sul deficit del 3% (non certo per sforarlo ma per avere maggiore liquidità da investire nella ripresa), dall’immigration compact e da un nuovo sistema di difesa integrato (allargato poi a chi vorrà partecipare).

 

“Io resto ottimista – ha detto Patrizia Toia – ho fiducia nel buonsenso delle persone. Si deve arrivare a fare qualcosa che cambi verso all’andamento politico europeo, perché senza l’Europa quel qualcosa non si potrebbe mai fare”.

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