“A Palermo si respirava una fortissima contraddizione. Da un lato il discorso alto di Mattarella e una straordinaria presenza di giovani. Dall’altro, assenze eclatanti, unite alla ricomparsa di impresentabili come Dell’Utri e Cuffaro, che meritavano di essere consegnati a un passato che non deve tornare“.
Lo afferma in una intervista a la Repubblica il vice segretraio del Pd, Peppe Provenzano.
“Lagalla, già assessore di Musumeci, che corre alle elezioni con il sostegno di due condannati — uno per concorso esterno, l’altro per aver favorito un mafioso — e che diserta gli anniversari delle stragi per paura di essere contestato, che segnale dà? Potrà mai fare il sindaco di Palermo?”
si chiede Provenzano riferendosi al candidato sindaco per il centrodestra nel capoluogo siciliano, Roberto Lagalla.
“La politica è fatta anche di simboli. E pure la mafia, a dire il vero. Io credo che servano gesti e parole chiare, dicano: ‘Non vogliamo i voti degli amici della mafia e di tutti quelli che hanno favorito i mafiosi. I voti della mafia fanno schifo’. Finora però non lo hanno fatto”, ha continuato l’ex ministro. Quanto al governo nazionale, “aprire una crisi in questo momento sarebbe surreale. Ma tenerlo inchiodato al catasto per settimane può produrre una perdita di credibilità altrettanto grave”,
ha aggiunto.
“Non sto accusando nessuno di complicità, altrimenti sarei andato in Procura. Denuncio invece un clima di “smobilitazione”. Sull’antimafia sembrava potesse maturare un canone comune della politica, invece assistiamo a una caduta di tensione. Tutti abbiamo il dovere dell’intransigenza. A Napoli sono stati sciolti per mafia diversi comuni, alcuni amministratori erano del Pd. Ma il nostro segretario provinciale li aveva già cacciati“.