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Provenzano: «Dopo il Covid 19 cambieranno i modelli economici»

Nel decreto Cura Italia varato giorni fa dal Consiglio dei ministri c’è un articolo nel quale si dice che le amministrazioni destinano le risorse disponibili in base ai programmi cofinanziati dall’Ue per fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

Ministro Giuseppe Provenzano, lei che è titolare del Sud e della Coesione Territoriale, può assicurare che i fondi strutturali non saranno distratti dal Mezzogiorno?

«I fondi strutturali destinati prevalentemente al Sud restano tali. Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco, non ci sarà nessuna distorsione o dirottamento territoriale. Sto parlando di circa 9 miliardi non ancora impegnati nell’ambito dell’attuale programmazione, una parte dei quali potrà essere utilizzata per l’emergenza».

In concreto per quali progetti?

«Tre le finalità indicate. La prima, l’acquisto dei macchinari sanitari, che vanno dalle attrezzature mediche ai dispostivi di protezione individuale. La seconda, il sostegno alle imprese: su questo punto abbiamo ottenuto che i soldi servano non solo come sostegno al credito, ma anche per rafforzare il capitale circolante. La terza, l’aiuto ai lavoratori, che significa utilizzare questi fondi per gli ammortizzatori sociali, per le integrazioni al reddito, per le riduzioni d’orario imposte in molti casi dal rallentamento dei cicli produttivi».

È anche un modo per salvare l’attuale programmazione europea, di fronte al rischio concreto che parte dei finanziamenti di Bruxelles sia persa perché non utilizzata in tempo dalle Regioni del Sud?

«Rispetto a queste tre voci non vi sono questioni territoriali, ma le regioni meridionali potranno fare di più, grazie aí fondi europei. Vorrei chiarire altresì che nel decreto Cura Italia è stato deciso di innalzare dal 10% al 20% l’anticipo del Fondo Sviluppo e Coesione, si tratta di circa un miliardo in più: in questo modo non solo la norma è più consona al Codice degli Appalti per sbloccare le gare, ma c’è anche la possibilità, nel caso le gare siano già state aggiudicate, di trasferire questa liquidità direttamente alle imprese».

Il ministro Gualtieri parla di un nuovo decreto ad aprile, per rilanciare lo sviluppo. Saranno tenute presenti anche le esigenze del Mezzogiorno?

«Certo. In questo caso metteremo in campo le risorse nazionali dell’FSC che destineremo specificamente alla fase della ripartenza economica. Sia per appostare investimenti aggiuntivi a quelli già previsti, sia per rilanciarne nuovi. Su questo punto, posso anticipare che stiamo facendo, per quel che riguarda il futuro, una rapida riprogrammazione delle risorse con le Regioni e le amministrazioni centrali».

Ministro, questa drammatica emergenza sanitaria ha messo in luce, in modo ancor più lampante del passato, i divari nei diritti di cittadinanza tra Centro-Nord e Mezzogiorno. La sanità lombarda ha retto finora, cosa sarebbe accaduto se le percentuali di malati fossero state le stesse nelle regioni del Sud? Nel settentrione in tanti praticano ora lo smart working, nel meridione pochissimi. E vale anche per le lezioni on line nelle scuole.

«Non a caso nel Piano per il Sud, che il governo ha approvato poco prima dello scoppio del corona virus, una parte cospicua degli interventi è destinata proprio all’infrastrutturazione sociale, per favorire una maggiore inclusione dei meridionali. Comunque, dopo questa vicenda, dovremo ripensare tutto, a partire da una nuova strategia per lo sviluppo, e per il Sud».

Lei ha ribadito che il Piano del Sud è un Piano per l’Italia. Mai come in questo momento è necessaria una strategia di rilancio nazionale. Da dove partire?

«Bisognerà innanzitutto ripensare il modello di globalizzazione. Questa vicenda ha mostrato in modo chiaro i limiti di uno sviluppo che non potrà più basarsi, come è stato finora, su poche imprese esportatrici del Nord e qualche campione del Sud. Si tratterebbe di un azzardo sul quale non potremo più fare affidamento. Dobbiamo riattivare tutti i motori interni dello sviluppo. E dovremo tutti ragionare in termini di un’economia e un’industria più integrate a livello europeo. La questione delle forniture sanitarie di cui si parla tanto in queste ore testimonia come le catene del valore dovranno funzionare in modo diverso dal passato».

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