Per nove anni, come lui stesso ha voluto sottolineare, Romano Prodi si è tenuto lontano dai palchi della politica, declinando ogni invito ad assemblee di partito e kermesse elettorali. Un’assenza plateale, lunga quasi quanto l’intera vita del Pd. Finché ieri nella sua Bologna l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea ha spostato tutto il suo peso dalla parte di Paolo Gentiloni. Lo ha abbracciato, lodato, rilanciato alla guida di Palazzo Chigi come l’unica personalità in grado di tirare l’Italia fuori dal pantano, se dalle urne del 4 marzo non dovesse uscire una maggioranza. Un endorsement con tutti i timbri dell’ufficialità, che di fatto conclude il progressivo smarcamento del «prof» dal Pd a trazione renziana. Dopo una lunga e sofferta riflessione, simboleggiata dalla tenda prodiana che si avvicinava o allontanava dall’accampamento dem a seconda delle decisioni del segretario, il fondatore ha maturato lo strappo: per la prima volta non voterà per il Pd, ma per la lista ulivista Insieme. Una scelta che il professore, il quale in campagna elettorale non ha mai presenziato a un evento di Renzi, ha voluto enfatizzare condividendo con Gentiloni il palco del teatro Celebrazioni. E quando l’iniziativa si è chiusa, aveva ancora voglia di dire la sua.
Gentiloni ha parlato da candidato premier?
«Sì, ha fatto un gran bel discorso. E io ho fatto quel che dovevo fare. Però non scriva che rientro in politica (ride), perché ormai sono in pensione e sto più all’estero che in Italia. E quando le candeline pesano più della torta…».
Anche quelle di Berlusconi pesano più della torta, eppure lui non va in pensione e potrebbe vincere.
«Ma lui farà una torta molto grande, che pesi più delle candeline».
In caso di stallo sosterrebbe un governo di larghe intese con Berlusconi?
«Io ho dato il mio sostegno pieno a un disegno, dopodiché in democrazia tutto dipende dai voti. Il problema dell’Italia è l’instabilità. Quando diventai premier e andai a Berlino per la prima visita ufficiale, il cancelliere Kohl mi abbracciò felice e poi mi chiese “chi viene la prossima volta?”. Ormai questo aneddoto lo conoscete a memoria, ma se non chiudiamo questa storia dell’instabilità ci staremo sempre dentro».
Per questo la legge elettorale va cambiata?
«La Francia a differenza di noi non sta messa affatto bene, è politicamente più divisa e commercialmente meno forte, eppure ha un sistema di voto che rende il Paese stabile, al contrario dell’Italia».
Gentiloni è la persona giusta per guidare un governo che riformi il Rosatellum?
«Sì. Non per caso la mia sortita dopo nove anni è stata a sostegno di Gentiloni, non è un fatto casuale».
Come scongiurare l’ingovernabilità?
«Il 4 marzo si vota, vedremo i risultati. Io qui ho rotto un lungo silenzio perché mi sentivo in dovere di sottolineare l’importanza della scelta di sostenere la coalizione di centrosinistra. Il mio sostegno va in particolare alla lista Insieme, perché porta avanti gli stessi valori che sono stati alla base dell’Ulivo».
Perché è così duro con Bersani e D’Alema?
«I miei amici, con cui ho lavorato lungamente assieme e quindi sono ancora amici, hanno profondamente sbagliato. In questo momento bisogna stare insieme, perché si decide il futuro del Paese e solo vincendo è possibile determinarlo».
Voterà Insieme e non Pd, giusto presidente?
Prodi saluta e scende lo scalone del teatro con il passo di uno che all’alba ha corso otto chilometri («oggi ho fatto pochino!»). Risponde per lui la portavoce, Roberta Zampa: «Il prof è stato chiarissimo. Ha detto sostegno alla lista Insieme e alla coalizione, perché il centrosinistra sia più unitario possibile».