Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo è convinto che l’Europa sia arrivata a un bivio decisivo. «O si cambia e si imbocca la strada della crescita o l’onda lunga della destra populista non si fermerà ».
Con l’elezione del popolare Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento europeo può ritenersi chiusa la fase della grande coalizione?
«La grande coalizione è finita prima dell’elezione di Antonio Tajani. La fine dell’alleanza tra socialisti e popolari è la conseguenza di una riflessione politica maturata negli ultimi mesi. E giusto che tra S&d e Ppe ci sia una sana dialettica e ci sia una cooperazione su singoli dossier. Altra cosa è un’alleanza strategica. Su economia, patto di stabilità , migranti ci sono idee e posizioni diverse. Da una parte c’è una visione ultra-liberista che tiene troppo strette le briglie del patto di stabilità ; dall’altra, la nostra, c’è un’idea di economia che deve essere sostenuta dalla mano pubblica per favorire investimenti e crescita».
L’accordo tra Ppe e Alde per l’elezione di Tajani sposta più a destra l’asse politico dell’Europa?
«Sicuramente. L’elezione di Tajani è avvenuta con il contributo determinante dei conservatori, tra i quali i britannici favorevoli alla Brexit e i nazionalisti polacchi. Il voto dà la chiara idea dello spostamento a destra».
La crisi dei socialisti accomuna vari paesi europei, a partire da Francia e Spagna. Non crede che occorra fare anche una sana autocritica? «Assolutamente sì. C’è una riflessione che va portata avanti con coraggio. Si è fatta strada l’idea che con la caduta del muro di Berlino tutto potesse affidarsi solo alle virtù del mercato, rinunciando all’azione pubblica e dimenticando che vi sono aree di sofferenza sociale che hanno bisogno di politiche di inclusione e di sostegno. La conseguenza è stata che gli emarginati, le periferie, i disoccupati, i giovani senza lavoro sono stati quasi obbligati a scegliere, un po’ in tutta Europa, movimenti populisti che tuttavia offrono una medicina sbagliata. I socialisti sono stati troppo timidi e devono riscoprire la voglia di combattere recuperando i loro storici valori e i loro naturali riferimenti sociali».
Sabato scorso a Coblenza c’è stato un raduno dei capi della destra europea con Marine Le Pen e Matteo Salvini e la tedesca Frauke Petry. Come si ferma l’onda lunga del populismo?
«L’insediamento di Trump e il raduno di Coblenza sono due immagini eloquenti e fotografano il senso di un profondo cambiamento Se aggiungiamo Putin e Erdogan abbiamo una istantanea drammatica».
Nel 2017 si vota in Olanda, Francia e Germania e, forse, in Italia. Ovunque, i populisti sono ben accreditati nei sondaggi.
«Le forze populiste non vanno sottovalutate, sono molto abili a sfruttare le paure dei cittadini e a speculare sui bisogni delle fasce deboli. E sono bravi a presentare gli altri come un tutt’uno indistinto. Ecco perchè la formula della grande coalizione non funziona, anzi può dare linfa ai populisti che presentano S&d e Ppe sullo stesso piano e riescono a far passare Schauble uguale a Renzi. Ma non è così. Abbiamo idee diverse. I socialisti vogliono allentare le rigidità del patto stabilità e si battono per cambiare il fiscal compact. Schà uble vuole punire l’Italia e la Grecia, è il soldato che controlla lo zero virgola e pensa di impartire lezioni all’Italia chiedendole di metterei conti a posti. Ma l’Italia i conti li ha a posto e sta fronteggiando con fermezza l’emergenza terremoto».
Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni si dice certo che l’Europa non avrà difficoltà a riconoscere all’Italia margini di flessibilità trattandosi di «circostanze eccezionali». Il governo italiano riuscirà a convincere Bruxelles?
«Solo chi è sordo e cieco può intestardirsi a una visione ragionieristica. L’Europa muore se è solo numeri. Se l’Europa è quella dello zero virgola fa il gioco dei Le Pen e dei Salvini e dei Grillo. L’Europa avrà un futuro se sarà capace di dotarsi di un progetto politico. Nei prossimi giorni sottoporrò queste questioni a Juncker, che è un politico e non un burocrate».
La presidenza Trump rischia di isolare gli Usa o l’Europa?
«Gli effetti della politica di Trump potranno essere da sprone all’Europa. Il protezionismo potrà aprire una prateria se l’Europa saprà muoversi sul piano internazionale guardando all’Africa e all’America Latina. Il mondo non può essere solo Trump, Putin e destra populista. L’Europa torni protagonista, recuperi la sua visione originaria e si proietti nel mondo come portatrice di diritti umani, di giustizia, di uguaglianza».
Guardando alle faccende italiane, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è pronto a contendere la segreteria del Pd a Matteo Renzi. Può nascere nel Pd un fronte meridionalista?
«Ho grande stima per i governatori meridionali e del grande lavoro che stanno svolgendo. Questa è la loro missione. Puntare ad altro può significare un danno per il Pd e può distogliere l’attenzione verso governatori del Sud. Renzi è l’unico l’impegno preso con i cittadini. Sono leader che può realizzare veramente convinto che non esista il cambiamento, anche nel politicamente un fronte dei Mezzogiorno».