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Pittella: la mia battaglia è il Sud

«Quando mi ha chiamato il segretario Renzi e dopo avere ascoltato i segretari regionali di Basilicata e Campania su un mio possibile impegno, ho capito che c’era l’occasione di un investimento politico del Mezzogiorno. Perché io ritengo che in questo momento occorre una leadership meridionale che sappia incidere nelle politiche di Roma. E importante però che ciò sia portato avanti in una prospettiva autenticamente europeista. E credo di aver maturato l’esperienza e l’autorevolezza per poter rappresentare le esigenze del Sud». Gianni Pittella, presidente del gruppo dei socialisti europei, dopo 19 anni spesi a Bruxelles lascia al massimo della sua carriera nelle istituzioni dell’Ue per la corsa al Senato in due collegi: l’uninominale in Basilicata e il plurinominale di Salerno Portici e Torre del Greco in Campania.

 

Presidente Pittella, perché la scelta di lasciare Bruxelles per Roma?

«Perché c’è bisogno di rilanciare il nostro ancoraggio europeo in un momento in cui viene messo sciaguratamente in discussione, nella convinzioni che senza Europa saremmo perduti. L’Europa non è una teorica presenza, ma un fattore fondamentale per il nostro sviluppo. Nessuno lo dice ma se pensiamo alla metropolitana di Napoli, al completamento della Salerno-Reggio Calabria, agli investimenti infrastrutturali e produttivi, ecco tutto è stato possibile grazie ai fondi europei. L’Europa è la nostra dimensione e indica il futuro del Sud e le sue possibilità di riscatto».

 

Come intende impegnarsi?

«Intanto mettendo a disposizione la mia rete di rapporti per attirare sui nostri territori gli investimenti produttivi privati, rassicurando gli investitori sul fatto che le nostri istituzioni sono perfettamente in grado di offrire il contesto giusto per lo sviluppo e la produzione di ricchezza. Naturalmente tutelando quello che già c’è: sono pronto a dare battaglia a oltranza se Marchionne dovesse decidere di modificare i piani per il polo Fiat di Melfi. Inoltre bisogna invertire la rotta sugli investimenti pubblici: Anas e Ferrovie non possono destinare le briciole al Sud dando la consueta prevalenza al Nord».

 

Lei si presenta anche a Salerno, dove ci sono polemiche sulle candidature del figlio del governatore De Luca e di Franco Alfieri, l’ex sindaco di Agropoli noto per le «fritture di pesce».

«Che una persona dalla preparazione europea come Piero De Luca non possa fare politica, lo trovo inaccettabile. L’idea che il Pd sia schiavo di logiche tendenti a premiare i fedelissimi rientra in una rappresentazione caricaturale, che ha toccato anche le scelte più generali fatte da Renzi. Purtroppo siamo in un sistema che non ammette più premi di maggioranza, per cui i posti sono diminuiti, e fare delle scelte è difficile e sofferto ma necessario».

 

Crede che le liste del Pd siano le migliori possibili?

«Credo che siano frutto di decisioni nel complesso giuste e sono convinto che il Pd sarà la vera sorpresa di questa campagna elettorale, che ci porterà nelle condizioni di poter indicare il presidente del Consiglio».

 

Il suo avversario capolista del centrodestra nel collegio campano è Luigi Cesaro.

«Non parlo dei miei avversari. Preferisco discutere delle mie proposte».

 

In Forza Italia, per le liste del Centrosud il plenipotenziario è il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, indicato come possibile candidato berlusconiano alla premiership.

«Non so cosa farà Tajani, ma il fatto che in campo ci siano persone dal forte e indiscutibile profilo europeista è un’assicurazione sul futuro».

 

In Germania faranno la “grande coalizione”, che guida anche l’Europa. È questa anche la prospettiva italiana?

«Mi auguro proprio di no. Il voto ci premierà. Si dice che il piano di Renzi sia dare una svolta macroniana al Pd, o forse la nascita di un nuovo soggetto politico, sul modello di En marche. Quello di cui si parla non è quello che poi si realizza. In ogni caso non potrà mai essere in discussione l’appartenenza del Pd alla famiglia dei socialisti europei».

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