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Parrini: “Non c’è solo il proporzionale acceleriamo subito sui correttivi costituzionali”

Diversamente dal suo capogruppo in Senato, il neo-presidente della Commissione Affari Costituzionali, Dario Parrini, è convinto che un segnale sulla legge elettorale si possa ancora lanciare prima del referendum. Dando «un’accelerata all’intero pacchetto di riforme costituzionali che insieme decidemmo quando nacque il governo e che univa il taglio di 345 parlamentari a una serie di misure compensative ben specificate, da approvare in almeno un ramo del Parlamento prima della consultazione», spiega l’esponente dem.

 

Perché «il sistema proporzionale non è l’unico elemento di riequilibrio». Di che cosa si tratta senatore?

«L’accordo, sottoscritto lo scorso 7 ottobre da tutti i capigruppo della maggioranza, contiene cinque punti. Oltre al superamento del Rosatellum e alla riforma dei regolamenti delle Camere, ci sono la riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica, che va proporzionato al taglio dei parlamentari; la modifica della base di elezione del Senato, che oggi è regionale e dovrebbe diventare circoscrizionale per eliminare gli squilibri di rappresentanza prodotti dalla riduzione del numero dei senatori; la parificazione dell’età dell’elettorato attivo e passivo. Come vede non c’è solo la legge elettorale ma una serie di interventi necessari a garantire il rispetto della Costituzione e il corretto funzionamento del Parlamento».

Scusi, ma se non ci siete riusciti finora, come pensate di poter approvare tutto questo nel prossimo mese e mezzo?

«Gli ultimi tre punti hanno praticamente concluso l’iter in commissione e devono solo essere calendarizzati in Aula. Per rafforzare le ragioni del sì sarebbe bene mettersi d’accordo per farlo entro il 20 settembre. Sarebbe un segnale importante».

Significa che vi accontentereste di portare a casa le subordinate, in attesa di capire come va a finire sulla legge elettorale, avviata al momento su un binario morto?

«No. Dico che bisogna insistere per votare il proporzionale almeno alla Camera, ma senza trascurare gli altri correttivi».

Tra ferie e decreti in scadenza, che hanno la priorità sul resto, non sarà troppo ottimista? Il 20 settembre è vicinissimo…

«Siccome si è avuta una disputa sulla legge elettorale ma non sugli altri punti, andiamo avanti e corriamo almeno su questi: sono convinto che i margini ci siano. Anche per dare prova di serietà e compattezza di una maggioranza che, pur nella diversità di opinioni, tiene fede agli impegni presi».

Dovrebbe convincere Renzi, che ha fatto saltare il banco. Perché, secondo lei?

«Questo dovrebbe chiederlo a lui. Noi siamo stati sempre leali e pretendiamo lo stesso dagli alleati. Ma spero che l’apertura manifestata ieri sia l’inizio di un percorso di riavvicinamento di Iv all’accordo che, ribadisco, è uno degli elementi costitutivi del patto di governo».

Vero che per convincerlo sareste disposti ad abbasserete la soglia di sbarramento dal 5 al 3%?

«Questa discussione al momento non c’è. C’è solo un accordo su un testo base. Prima bisogna decidere di andare avanti. Anche perché ne abbiamo già molto discusso».

Intanto però dei famosi 5 punti l’unico andato in porto è il taglio voluto dai 5S. Ha ragione chi accusa il Pd di subalternità?

«Guardi che, dalla Bicamerale in poi, non c’è stato un solo disegno di legge costituzionale proposto dal centrosinistra che non contemplasse la riduzione del numero dei parlamentari. Purché accompagnato da una serie di correttivi e dal superamento del bicameralismo perfetto. Cosa su cui mi auguro si possa aprire una riflessione. Pur sapendo che partiamo da posizioni differenti».

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