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Padoan: “Un’assicurazione per aiutare i disoccupati di tutta l’Europa”

Le risorse, certo. «Ma prima bisogna decidere le cose da fare, e poi si decide quanto stanziare», avverte l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che di fronte alla prospettiva che la crisi del coronovirus possa dilagare in tutta Europa rilancia la proposta di una assicurazione europea contro la disoccupazione. «C’è tutta una scala di interventi, un crescendo di interventi che devono essere presi a livello nazionale e poi europeo – spiega l’ex ministro – e che servirebbero a dare un segnale positivo alla fiducia. Anche perché non è da escludere che nei prossimi giorni ci possano essere reazioni negative sui mercati finanziari, perché ci si aspettano effetti negativi importanti sui mercati, sul commercio mondiale, e dalla Cina. Vediamo che il virus sta comparendo anche negli Stati Uniti e non possiamo sapere che tipo di impatto potrà avere questa situazione, quindi è importante che i mercati finanziari siano rassicurati nel limite del possibile».

 

Ma all’Italia bastano 3,6 miliardi per una terapia d’urto?

«Io vorrei partire da un altro punto. Come ha detto più volte anche il ministro dell’Economia, ci sono vari livelli di intervento: c’è innanzitutto un problema di gestione dell’immediato, e se vogliamo fare un paragone con le crisi finanziarie c’è innanzitutto la questione della liquidità delle imprese che producono beni e servizi che si possono trovare improvvisamente senza mercato e senza clienti. Per questo ci sono vari strumenti che si possono attivare nell’immediato come agevolazioni fiscali, rinvio dei pagamenti delle tasse e cassa integrazione. Poi però ci sono obiettivi di livello più avanzato, che sono quelli che hanno a che fare con la necessità di combattere il rischio di recessione che questa crisi dell’epidemia potrebbe portare e che anzi molti ritengono sia già iniziata».

Le stime divergono ancora, si dice che dipenderà dalla durata dell’epidemia…

«Esatto. Però, purtroppo, non bisogna dimenticare che questo choc così importante precipita sull’economia italiana e non solo in una situazione in cui già scontiamo un rallentamento della crescita. E questi due effetti rischiano di cumularsi uno con l’altro».

E questo fenomeno come si può contrastare?

«C’è un secondo gruppo di misure che si possono adottare, che mi sembra che siano quelle a cui il governo sta pensando, che prevedono stimoli alla crescita. Penso in primo luogo ad investimenti pubblici e all’accelerazione della spesa già disponibile a bilancio ed eventualmente a ulteriori agevolazioni fiscali a favore del settore privato. Poi, oltre a quelli pubblici, andrebbero stimolati gli investimenti privati».

Si parla di incentivi tipo Industria 4.0…

«L’esperienza del 4.0, che oramai ha qualche anno, ci dice che questi incentivi alle imprese per gestire l’innovazione e riprendere a crescere sono tra quelli più efficaci e quindi si tratta di finanziarli e rifinanziarli. E qui veniamo alla questione da cui tutti vogliono partire, ma che invece è la questione di arrivo…».

Le risorse. Su questo impazzano come al solito le polemiche politiche.

«Il modo corretto di procedere non è chiedersi quanti soldi ci vogliono, ma cosa ci facciamo con i soldi. La prima cosa da fare è il conto di quanto serve per gli ammortizzatori sociali e al sistema delle imprese per sostenere il reddito in questa fase, per evitare che ci sia una recessione e che quindi ci sia il più presto possibile una ripresa della crescita. Questo ovviamente porta a cifre importanti: il governo ha parlato di 3,6 miliardi, ovvero lo 0,2% del Pil, non è da escludere che ce ne vogliano altri. Ma dal punto di vista procedurale è bene ricordare che, per rispetto dell’articolo 81 della Costituzione, bisognerà tornare in Parlamento per approvare uno sforamento oltre le cifre già concordate».

Bruxelles autorizzerà questo aumento del deficit?

«Siamo di fronte a una crisi che giustifica la flessibilità (che il Paese ha tra l’altro già ottenuto in passato in occasione di catastrofi naturali come i terremoti) e le cifre di cui stiamo parlando rientrano in un ordine di grandezza che è già contemplabile dagli accordi sul patto di stabilità».

La crisi per ora è solo italiana, ma se arrivasse ad investire l’intera Europa che si fa?

«A maggior ragione in quel caso servirebbe uno sforzo ancora maggiore: si dovrebbe intervenire in modo ancora più massiccio. Fermo restando che la Banca centrale europea farà certamente la sua parte, si tratterà di mettere in campo nuovi strumenti di politica fiscale. Ed in particolare io penso ad una misura che il governo italiano, non solo quello attuale, ha proposto da tempo: andrebbe messo in campo un meccanismo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica. Se oggi l’Europa l’avesse adottato avrebbe già a disposizione strumenti e risorse per far fronte a una crisi del genere. Purtroppo ancora non ce l’ha, ma forse adesso è arrivato il momento giusto per farlo».

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