Il ministro della Giustizia Andrea Orlando vede un rischio enorme di instabilità politica e istituzionale nella prossima legislatura. E chiede al segretario dem Matteo Renzi di essere protagonista di un’iniziativa sulla legge elettorale che favorisca la formazione di maggioranze certe. Quella di centrosinistra dovrà reggersi su un programma condiviso e sulle forze che hanno governato insieme in questi anni.
E’ ripreso il dialogo tra Pisapia e Mdp, ma ancora non è chiaro a cosa possa portare. Non è scontata l’alleanza con il Pd e non viene riconosciuta la premiership di Renzi. Come pensa di ricostruire il centrosinistra?
«Bisogna rovesciare il ragionamento. Io partirei dal perseguimento dell’interesse nazionale. Se votiamo con questa legge abbiamo l’altissima probabilità di non avere una maggioranza di governo. Il Paese sarebbe esposto a rischi di sistema. Mi sta particolarmente a cuore mettere in sicurezza tutto quello di buono che abbiamo fatto in questi anni. L’Italia non è la Spagna dove sono andati a votare tre volte e nonostante ciò l’economia è cresciuta. Noi abbiamo un debito pubblico molto più alto e siamo sempre esposti alla speculazione, con tutto ciò che ne consegue per le imprese, la vita concreta dei cittadini. L’Italia non può permettersi elezioni continue o governi precari».
Centrosinistra da Pisapia ad AIfano?
«Le geometrie vengono dopo. Dico che non possiamo rassegnarci a votare con questa legge elettorale. Occorre ridurre le distanze nel centrosinistra, discutendo di proposte comuni con le altre forze della sinistra e le forze più moderate. Non voglio ripetere l’Unione che aveva difficoltà a governare, ma non mi rassegno all’ingovernabilità».
E’ favorevole all’alleanza con Ap in Sicilia?
«In Sicilia, e anche a livello nazionale, per vincere ci vogliono anche le forze moderate. Io vorrei un maggior protagonismo del Pd nella costruzione della coalizione, guardando alle forze civiche dell’isola. Non partirei da uno schema fisso attorno alla candidatura. Non aiuta dire: “O mi date il candidato governatore oppure vado con il centrodestra”».
A ottobre ci sarà la conferenza programmatica del Pd, in piena discussione sulla legge di bilancio. Cosa si aspetta da Padoan e dal Pd in vista della campagna elettorale?
«Mi aspetto intanto la prosecuzione della lotta alla povertà e segnali chiari ai giovani e a chi ha sofferto di più le conseguenze della crisi. Per la prossima legislatura occorre immaginare un fisco intelligente che premi le imprese innovative e riduca le disuguaglianze. Dobbiamo indicare un’alternativa percepibile alla proposta della fiat fax che accresce le disuguaglianze. Occorre mettere in campo proposte convincenti sugli investimenti pubblici. Senza la leva pubblica l’economia riparte in maniera troppo lenta».
Renzi propone di alzare il deficit al 2,9% del Pil per avere le risorse necessarie a un massiccio taglio delle tasse. È d’accordo?
«La riduzione fiscale non può essere generalizzata: va fatta in maniera progressiva a favore dei soggetti più in difficoltà».
Ritiene necessario fermare l’aumento dell’età pensionabile?
«Sono favorevole a rallentare l’innalzamento dell’età pensionabile verso i 67 anni».
Sull’immigrazione ci sono state frizioni tra Delrio e Minniti. Lei da che parte sta?
«Non si tratta di prendere posizione. La discussione tra Delrio e Minniti è stata chiarita. È stato giusto dare un po’ di ordine ma le Ong non sono e non possono diventare il braccio operativo dello Stato. Se lo Stato ha la necessità dell’intervento delle Ogn, bisogna tener conto che loro rispondono a logiche diverse. Se qualcuno sbaglia, paga, ma non si possono bollare le Ong come dei taxi del mare».
Immigrazione e Libia. Servono le iniziative delle singole Nazioni?
«La Libia non rappresenta solo la questione immigrazione. C’è uno Stato da ricostruire, abbiamo interlocutori relativamente affidabili, non bastano soluzioni tampone o iniziative unilaterali come quelle di Macron. L’Italia sta compiendo passi importanti, ma serve anche un’iniziativa da parte della comunità internazionale che coinvolga tutti i protagonisti libici e i Paesi del Golfo. E necessario l’intervento dell’Onu e dell’Europa».