“Sappiamo che il rischio dello sparpaglio, nel M5S, è reale. Ma più grande del rischio della crisi dei nostri alleati, è il rischio dell’immobilismo. Le sofferenze interne ai partiti non possono diventare l’alibi per restare fermi”. Lo dice Andrea Orlando in un’intervista al Foglio, nella quale indica le priorità della fase che s’ è aperta con il voto per le Regionali. “Nei mesi che ci attendono – avverte il vicesegretario del Pd -, a dettare tempi e scadenze non saranno i leader di questa o quella forza politica, ma l’Europa”.
“Il Recovery è un appuntamento a cui non possiamo arrivare impreparati – sottolinea Orlando -, senza cioè aver sciolto dei nodi importanti. Se davvero il 40 per cento o giù di lì dei fondi europei sarà destinato alla transizione verde, credo che anche su questo settore si debba accelerare, ora che il governo ha una maggiore forza sul piano politico”.
Su un possibile “rafforzamento” del Governo o “rimpasto”, Orlando precisa che ”prima bisogna cambiare l’agenda del governo, poi si faranno altre valutazioni. Non credo che serva necessariamente una parziale modifica della squadra dell’esecutivo, ma non lo escludo neppure”.
Quanto al Mes, “non c’è attendismo che tenga – dice ancora -. Saranno le regioni, anche quelle di centrodestra, a risolvere la questione. Quando si troveranno a dover far fronte alle spese necessarie per prepararsi a una ricaduta del virus, davanti all’alternativa di ricorrere alla fiscalità generale, si faranno sentire”.
“A Speranza – prosegue l’ex guardasigilli – chiediamo non solo un atto burocratico, qual è la presentazione di un piano come ogni anno accade. Gli chiediamo di intestarsi una battaglia politica per ristabilire una gestione più coordinata della sanità. E non perché si debba negare alle regioni la loro autonomia in materia, ma per evitare che il Titolo V diventi un alibi per rinunciare a interrogarsi su quale sia il modello di sanità pubblica più virtuoso”.
Quanto a un possibile ingresso di Forza Italia nella maggioranza, Orlando è scettico: “È difficile, finché, almeno, FI non risolva la sua ambiguità tra l’europeismo che professa a Bruxelles e il sovranismo a cui s’adegua a Roma seguendo Salvini e Meloni”.
Sulla la legge elettorale, afferma che ”una riforma in senso proporzionale, al momento, è irrinunciabile”.