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Orfini: “Tutti ad un tavolo per cambiare la legge elettorale o si va al voto”

Aprire subito un tavolo di confronto al Nazareno con tutte le forze politiche per capire chi vuole cambiare la legge elettorale e chi punta a tirare a campare fino a fine legislatura. Il presidente del Pd, Matteo Orfini, lancia la proposta, «ognuno si assuma la propria parte di responsabilità». Altrimenti, si va al voto. Subito.
 
Orfini, ha visto le reazioni di Fi alle dichiarazioni di Zanda sulla legge elettorale e il Mattarellum?
 
«Sì, certo, ho letto. Credo che noi dobbiamo chiarire un aspetto a tutti: questa legislatura può andare avanti qualche mese solo a patto che si cambi la legge elettorale. Nessuno può pensare di portare a spasso su questo il Parlamento per poi non decidere nulla».
 
Oggi da ogni partito arrivano proposte diverse: chi il proporzionale, chi il Mattarellum, si dice di andare al voto con la sentenza della Consulta. Lei crede davvero che si possa arrivare ad un accordo largo come chiede Sergio Mattarella?
 
«Penso che abbiamo il dovere di provarci, però serve che ognuno giochi la partita a carte scoperte e con sincerità. Noi abbiamo avanzato una proposta, quella del Mattarellum, superando anche visioni molto diverse al nostro interno, e sulla base di questa proposta abbiamo il dovere di verificare in tempi rapidissimi la disponibilità delle altre forze politiche».
 
Non spetta al Pd fare il primo passo, essendo il partito di maggioranza relativa?
 
«Sì, credo che nelle prossime ore dovremmo incontrare formalmente le altre forze politiche per comprendere in modo chiaro e trasparente quale sia la loro posizione. Avevamo proposto di farlo prima del referendum e ci risposero “ne parliamo dopo il 4 dicembre”. Ormai dicembre sta per finire ed è il tempo che ognuno si assuma il suo pezzo di responsabilità».
 
Sta invitando le forze politiche ad un tavolo al Nazareno?
 
«Che sia al Nazareno o dove preferiscono loro, ma penso che ancora prima che inizi la discussione parlamentare è importante levare a tutti gli alibi. Si vuole cambiare la legge elettorale? Lo si può fare in pochi mesi. Se invece si vuole tergiversare solo per allungare la legislatura, questo diventerebbe un danno per il Paese».
 
Se non dovesse venire fuori nulla di concreto, si va al voto?
 
«Di fronte all’impossibilità di modificare la legge elettorale verrebbero meno i presupposti su cui è nata questa legislatura».
 
Orfini, il Capo dello Stato è stato chiaro: non basta la sentenza della Consulta, ci vogliono leggi omogenee tra Camera e Senato. Il Pd sarebbe disposto ad andare avanti comunque?
 
«Tanto condiviamo le considerazioni del presidente della Repubblica che abbiamo assunto una iniziativa per cambiare la legge elettorale, ma purtroppo il Pd non può farlo da solo. Di fronte alla malaugurata ipotesi di non trovare disponibilità da parte delle altre forze politiche non potremmo che prenderne atto».
 
Fi fa sapere che è pronta ad appoggiare il governo Gentiloni…
 
«Dopo le dimissioni di Renzi siamo andati dal Capo dello Stato adire che eravamo disponibili a un governo di larga responsabilità che coinvolgesse anche le principali forze di opposizione. Fi è andata a dire al Quirinale che era un’ipotesi che non prendeva neanche in considerazione. Questa è la realtà dei fatti, il resto è solo teatrino».
 
A proposito di governo, è partito il mercato per i sottosegretari. Ci dice come stanno le cose? Ala di Denis Verdini conquisterà postazioni?
 
«Posso rispondere per quello che riguarda il Pd: noi abbiamo chiarito che siamo per agire in continuità rispetto al governo precedente e quindi confermare senza nuovi innesti la squadra di governo».
 
Dopo il 6 gennaio Renzi presenterà la nuova segreteria. Come vi muoverete per dare il segnale di un vero cambio di passo?
 
«Ovviamente la proposta la farà il segretario, ma sicuramente abbiamo bisogno di mettere mano al Pd e alla sua organizzazione perché le criticità segnalate dalla nostra sconfitta al referendum devono essere risolte. La ridefinizione della segreteria da sola non basta, deve essere parte di un rinnovamento più profondo che riguarda il modo di funzionare del nostro partito e anche la sua organizzazione nei territori, dove troppo spesso appariamo come una somma di notabilati o di correnti più che come un partito».

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