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Orfini: giusto interrogarsi sul disagio ma basta coi caminetti

“Ho sentito parole molto critiche nei confronti del gruppo che dirige il partito e il Paese. Se qualcuno fatica a sentirsi a casa sua è certamente un tema che il gruppo dirigente deve raccogliere. Ma è difficile raccontare questo governo come qualcosa che non abbia a che fare con la tradizione della sinistra italiana. Lo dico guardando al passato, cioè alla storia del riformismo, e al presente, dove le scelte di fondo come la lotta all’austerity collocano il Pd alla guida della sinistra europea”.

 

Matteo Orfini, presidente del Pd, in un’intervista all’Unità torna sullo scontro consumato in Direzione due giorni fa tra maggioranza e minoranza. “Se una persona come Cuperlo che di solito misura le parole usa quelle espressioni, credo sia giusto cercare di fare in modo che stare in questa comunità non gli pesi”, concede Orfini che però rivendica: “Da quando sono presidente del partito ho voluto che le discussioni più delicate avvenissero negli organismi: direzione e assemblea”, discussioni che “non trovo così inutili. Lì abbiamo riscritto Italicum, Jobs Act, riforme. Sono stati cambiati ascoltandoci. Ciò detto, io conosco solo due modelli, e l’alternativa alle direzioni sono i caminetti di corrente. Continuo a preferire il primo”. Orfini, alla domanda sulla possibilità di una scissione, replica: “Ma no, la sinistra italiana ne ha già fatte tante e non hanno portato bene”.

 

“E’ naturale che un grande partito come il Pd discuta al suo interno con franchezza. Non c’è da scandalizzarsi se questioni politiche vengono poste in modo anche rude. Quello che mi dispiace è che la discussione sia avvenuta a due mesi dal voto in città importanti con i candidati gia’ in campo. Piuttosto che dibattere a lungo su questioni interne sarebbe meglio rivolgersi al Paese”.

 

Sulla vicenda Guidi “è tutto abbastanza chiaro: c’è stato un errore, una telefonata inopportuna di una ministra che si subito dimessa, su un emendamento molto condivisibile nel merito. E intorno c’è il legittimo quanto strumentale tentativo delle opposizioni. Fanno il loro lavoro, ma chiedere le dimissioni di un governo che sblocca le opere e’ assurdo: casomai dovrebbero fare il contrario”. Nessuna leggerezza da parte del governo? “Non vedo dove- risponde Orfini- noi rispondiamo di una scelta politica. L’attacco al ministro Boschi la dice lunga sulla strumentalità della vicenda. È il suo compito dare un parere su tutti gli emendamenti e non esiste nulla che lasci pensare ad altro”.

 

Il Pd – afferma il presidente Pd nell’intervista – non teme che il referendum sulle trivelle si trasformi in un attacco politico al governo, perché “gli italiani hanno chiaro che l’esecutivo non si piega agli interessi petroliferi e che questo referendum ha poco senso”.

 

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