Il governo ha messo in campo una serie di misure, e un ingente investimento economico, per rispondere all’emergenza economica che ha colpito i cittadini. Che valutazione fai di questi primi interventi?
Le misure fino ad ora messe in campo coprono un campo vasto, vastissimo, di tipologie di lavoro. Rimane scoperto proprio quel mondo appena sopra la soglia di povertà che noi dobbiamo tenere al di qua, dobbiamo salvare. Altrimenti la ripartenza sarebbe socialmente molto più dura e difficile.
Quale risposta sarebbe ancora da mettere in campo per assicurare questa “ripartenza sociale”?
Oggi dobbiamo mettere in campo una misura emergenziale per chi non ha niente, una sorta di reddito vitale, che ci aiuti a ridisegnare il reddito di cittadinanza verso un vero e proprio reddito universale. È un cambio di prospettiva di politica economica e sociale verso un’Italia che non lascia indietro nessuno.
Per quanto attiene alle politiche industriali e agli investimenti, come si dovrebbe intervenire, e come va affrontato il tema del lavoro nello scenario in cui ci troviamo?
Abbiamo bisogno di politiche espansive, di sostegno della domanda, di investimenti. E di una struttura produttiva fondata sulla rivoluzione digitale, sulla rivoluzione verde e sul ripensamento, e riduzione, dei tempi di lavoro. Il lavoro va redistribuito e spalmato. Questo potrà tenere insieme lavoro, crescita e reddito universale.
Si è detto da più parti che questa emergenza avrebbe restituito un mondo in cui nulla sarà come prima. Concretamente, come si affronta questa prospettiva? Come si riparte?
Questo ci introduce al terzo tema. La rinascita, la ricostruzione.
La pandemia ha colpito un mondo segnato da profonde ingiustizie, e le ha messe in evidenza in modo impietoso. Le forze progressiste e democratiche hanno un compito storico davanti: provare ad uscire dalla pandemia e dalla crisi, disegnando un mondo più giusto, un sistema di sviluppo più equilibrato, mettendo insieme necessità di crescere e assoluto bisogno di rispettare gli equilibri della natura.
Immaginare e costruire risposte di sistema ad una crisi di sistema, è la missione nella quale siamo impegnati.
Diceva Keynes appena dopo la fine della prima guerra mondiale: “Il rovinoso dissesto dell’Europa ( e potremmo estendere questo concetto a buona parte del pianeta), se non poniamo un freno, a lungo andare colpirà tutti. Ma forse abbiamo ancora il tempo di riconsiderare la nostra condotta e vedere il mondo con occhi nuovi”. Ecco. Abbiamo bisogno di occhi nuovi.