Il paper dell’organizzazione parigina prende in considerazione la spesa per funzioni di 29 paesi. Dal paper emerge che l’Italia ne ha indirizzato maggior parte all’assistenza sociale-welfare (41,3%), ai servizi pubblici generali (17,5%) e al sistema sanitario (14,1%). Seguono affari economici (8,2%), educazione (8%), ordine pubblico (3,8%), difesa (2,3%), protezione ambientale (1,8%), politiche sull’alloggio e finanziamento a cultura e religione (1,4% ciascuna).
In realtà, il dato sulla scuola non stupisce più di tanto chi ha a che fare tutti i giorni con l’istruzione e con i suoi numeri. Primo perché i dati non sono aggiornatissimi, visto che si riferiscono al 2013. E, secondo, perché scontiamo il trend discendente (e soprattutto i tagli) degli anni scorsi. Nel periodo 2007-2013 infatti il nostro investimento in Education si è ridotto dell’1,6 per cento. Il doppio dell’intera media Ocse pari allo 0,8 per cento.
Simile agli altri paesi esaminati è invece la causa di questa contrazione. A drenare risorse, come è accaduto nelle altre economie alle prese con la disoccupazione galoppante post-crisi (ad esempio Spagna, Irlanda e Portogallo) è stata la protezione sociale (pensioni innanzitutto ma non solo). Tant’è che tra il 2007 e il 2013 le uscite per questa voce sono salite del 3,9 per cento.
C’è un altro dato che è stato diffuso ieri dall’organizzazione parigina e che deve far riflettere perché collegato al tema dell’istruzione. Si tratta del poco invidiabile primato dell’Italia per il più alto squilibrio tra la domanda e l’offerta di competenze. Un fenomeno che interessa il 35% della nostra forza lavoro e che- se corretto- consentirebbe un recupero di produttività nell’ordine del 10 per cento.
Il debito pubblico italiano rimane alto, il terzo più elevato tra i paesi Ocse, alle spalle di Giappone e Grecia,. In compenso i conti pubblici migliorano.
In particolare l’Ocse spiega che il saldo strutturale corretto per il ciclo è passato da un deficit del 4,2% del Pil potenziale nel 2009 a un disavanzo dello 0,2% nel 2013 al surplus dello 0,4% del 2014. Il rapporto stima che l’Italia nel 2015 e 2016 dovrebbe generare un surplus strutturale pari allo 0,8% del Pil potenziale.