Molti dettagli sono ancora da definire, ma la strada è già tracciata. Il viceministro Enrico Morando difende i bonus fiscali per i giovani neoassunti nella prossima manovra.
E conferma la messa a punto di una norma anti-licenziamenti, per evitare l’effetto sostituzione dei lavoratori che hanno gli sgravi in scadenza con quelli (d’età inferiore) che beneficeranno dei nuovi sconti.
Viceministro Morando, Confindustria ha sollevato forti dubbi sull’efficacia del Piano giovani che state preparando. Se lo aspettava?
«Ritengo che le misure che stiamo studiando affermino con coerenza la priorità della lotta alla disoccupazione giovanile e sia un buon modo per coronare la strategia delle riforme iniziate dal Jobs Act e dagli sgravi contributivi che lo accompagnavano».
Il numero uno degli imprenditori, Vincenzo Boccia, chiede 10 miliardi in 2-3 anni per le assunzioni dei giovani e una vera politica fiscale, come Francia e Inghilterra.
«Più che una contrarietà alla misura, quella di Confindustria mi sembra la richiesta di una decontribuzione più forte. Se sommiamo solo i provvedimenti strutturali decisi dal 2014, dalla riduzione dell’Irap al bonus 80 euro, siamo già oltre i 20 miliardi di taglio di pressione fiscale ai produttori. Ora continuiamo in questa direzione e affianchiamo, ad altri due o tre anni di contributi al 50% per i giovani a partire dal gennaio 2018, un taglio strutturale del cuneo fiscale pari al 4%, diviso fra lavoratore e azienda, che riguarderà tutti quei nuovi assunti. Anche in caso cambiassero azienda».
Non c’è il rischio che, da qui al 2021, quel taglio strutturale venga rivisto?
«Lo decidiamo ora per il futuro. Dopo il periodo di dimezzamento degli oneri fiscali il monte salari di quei lavoratori si ridurrà per sempre dal 9 al 7% e quello dell’impresa dal 24 al 22%. Le azienda avranno più certezze».
E le risorse per questa decontribuzione dove le troverete?
«Una fonte fondamentale di copertura per quegli anni penso possa avvenire attraverso l’obbligo di fatturazione elettronica anche per i rapporti tra privati. Ma l’importante e capire che si tratta di due misure collegate».
E se l’imprenditore sostituirà il lavoratore che termina gli sgravi del Jobs Act con uno più giovane?
«Il problema esiste: dobbiamo adottare regole che impediscano che il singolo imprenditore sfrutti questi comportamenti opportunistici. Detto ciò, dubito che chi ha trovato un buon dipendente lo licenzi per provarne un altro con meno esperienza. Non lo potrà fare».
Altra critica: l’obiettivo di 300mila neoassunti l’anno è sovrastimata.
«Vedremo. Bisogna ancora definire bene la platea, se under 29 o 30 o 32. Io credo che l’obiettivo sia condiviso: incrementare il lavoro giovanile. Dopodiché le soluzioni tecniche migliori si trovano».
E i costi? I due miliardi ipotizzati dal ministro Poletti sono una cifra sufficiente per il primo anno?
«Stiamo facendo delle simulazioni, anche i costi dipendono dagli anni di riferimento. Credo che, in legge di Bilancio, si vedrà da dalle cifre impiegate che il governo sa riconoscere una priorità».
I sindacati si lamenteranno con voi per aver messo da parte un intervento sulle pensioni.
«E legittimo, ma siamo in un regime di risorse scarse e la scelta ricade sulle giovani generazioni».
L’ennesimo intervento elettorale, commenta qualcuno…
«Perdere o vincere le elezioni è molto importante, ma il taglio sulla decontribuzione dei giovani non ha nulla di elettoralistico. Il maggior numero di elettori si concentra nelle fasce più anziane della popolazione: dunque, se avessimo voluto qualche voto in più, avremmo ragionato esattamente all’opposto. Dobbiamo guardare nel medio e nel lungo periodo. Le aggiungo anche questo: una delle misure che ha rilanciato la produttività è stata quella su iper e super ammortamenti per le aziende che investivano in tecnologia. Bene, non solo li prolungheremo per un altro anno ancora, ma vanno accompagnati con la formazione e gli incentivi sui nativi digitali. Fa tutto parte della stessa strategia».