Il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, traccia la rotta da seguire nel Documento di economia e finanza di aprile. Altro che manovrina.
«Le risorse si troveranno senza deprimere la crescita, sull’entitĂ si tratta con l’Europa», spiega, ma sul capitolo privatizzazioni è netto: vanno fatte. Quanto all’ipotesi di votare in autunno, «non sarebbe la fine del mondo».
La correzione al rialzo della crescita 2016 fatta dall’Istat ci consentirĂ di alleggerire la manovrino chiesta da Bruxelles?
«E sbagliato giudicare ogni cosa alla luce di questa manovrina che, in realtĂ , è solo una correzione di piccole dimensioni. Quel decimale di crescita in piĂ¹ è importante perchĂ© ci fa entrare nel 2017 con una velocitĂ di crescita maggiore e rende credibile la previsione di una crescita tonda all’1%».
Il viceministro Morando conferma: crescita dell’ 1% nel 2017 trattativa con la Commissione: la correzione potrebbe essere inferiore a 3,4 miliardi?
«Non c’è dubbio che sarĂ un elemento di trattativa, il confronto è anche sull’entitĂ della correzione. Vale il principio applicato in questi anni: ci vuole flessibilitĂ , ce n è voluta e ce ne vorrĂ ancora per avere il tempo di fare le riforme strutturali che servono al Paese».
Il Pd, partito al quale lei appartiene, ha posto il veto su un aumento delle tasse: si troveranno comunque le risorse?
«Le singole ipotesi verranno definite piĂ¹ avanti, è presto per conficcare paletti a destra e a smistra. Confermiamo che la correzione sarĂ fatta per un terzo da minori spese e per due terzi da maggiori entrare, senza misure che abbiano un impatto particolarmente restrittivo sulla crescita.
C’è un confronto in atto con l’Europa, ad esempio sullo split payment sull’Iva, da lì dipenderĂ il mix e la grandezza degli interventi».
Ammesso che venga superato questo fio, a ottobre ci troveremo di te a una manovra lacrime e sangue?
«In questi tre anni, come riconosce il rapporto Ocse, abbiamo fatto una politica fiscale moderatamente espansiva senza la quale, compresi gli 80 euro, la crescita sarebbe stata prioritĂ . Non siamo assolutamente soddisfatti perchĂ© continuiamo a rimanere sotto la media europea, a causa della bassa produttivitĂ dovuta a problemi strutturali del Paese. Da qui, la necessitĂ di andare avanti con le riforme e un’ulteriore riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese: deve essere questo l’asse delle politiche fiscali dei prossimi anni da delineare nel Defi.
Dove si trovano i soldi per un nuovo taglio delle tasse?
«Attraverso misure ulteriori di riduzione selettiva e pluriennale della spesa pubblica, da realizzare anche per via amministrativa grazie alla nuova legge di Bilancio».
Cioè spending review?
«La riforma del Bilancio ha dato nuovi strumenti: l’operazione di revisione della spesa avviene agendo non solo sulla modifica delle leggi ma anche dei comportamenti amministrativi, come è avvenuto con successo in Svezia, Belgio e Ausiralia. A marzo, palazzo Chigi e Tesoro dovranno definire gli obiettivi macro per ogni settore dell’amministrazione e iniziare un confronto per realizzare gli obiettivi, identificando quanto viene dall’innovazione dell’attivitĂ amministrativa, come le spese di autofunzionamento. La revisione della spesa non è solo questione di commissari».
Resta il nodo del debito pubblico: sulle privatizzazioni ci sono diverse visioni nel governo
«Senza polemica nei confronti di nessuno, come ha detto il ministro Padoan, confermo che le faremo. Per tre motivi: si riduce il debito, si rafforza il capitale delle società aumentandone la capacità di investimento e, infine, lo Stato mantiene il timone».
Le elezioni anticipate bloccherebbero tutto questo?
«Il risultato del referendum del 4 dicembre, portando instabilità politica, è già stato un fattore di indebolimento della crescita. Da politico iscritto al Pd, penso che sia stato un grosso errore non convocare immediatamente il congresso e perdere due mesi a discutere sulla data delle elezioni».
E da vice ministro?
«Dal punto di vista economico, adesso dobbiamo fare la correzione nei tempi fissati da Padoan e preparare il Def di aprile che ha natura triennale. Sapendo che, al massimo entro febbraio 2018, ci sono le urne».
E se fosse ottobre?
«Dipende come ci si arriva, con quale strategia di politica economica. Ma non sarebbe la fine del mondo, due mesi in piĂ¹ o in meno sono irrilevanti».