Caro direttore,
la storia ci insegna che soluzioni facili a situazioni complesse spesso aggiungono tragedia a tragedie. Le grandi migrazioni sono un fenomeno antico, ma oggi hanno dimensioni planetarie. Milioni di persone fuggono da guerre e povertà, e solo il 10% di loro cerca approdo in Europa. Una sfida di questa portata può essere affrontata solo con un lavoro condiviso, improntato alla cooperazione e al rispetto, iniziando fuori dai nostri confini.
Migrazioni tema cruciale per la politica estera
Siamo partiti quasi da zero: fino al 2015 le migrazioni non erano un tema di politica estera per l’Unione europea.
In questi anni abbiamo stretto alleanze con i Paesi chiave per la rotta del Mediterraneo centrale e messo in campo con l’Onu progetti che iniziano a portare risultati, salvando decine di migliaia di vite e riducendo dell’80% gli sbarchi in Italia. Ora bisogna che questi primi risultati siano consolidati, con un maggiore impegno di tutti gli Stati membri.
La Libia è stata il perno della nostra azione. A iniziare dal Mediterraneo, con l`Operazione militare europea Sophia, a guida italiana, lanciata nel 2015: decine di scafisti bloccati, centinaia di imbarcazioni distrutte, migliaia di vite salvate, duecento guardacoste libici addestrati, anche al rispetto dei diritti umani.
Collaborazione con Libia e Unione africana avviata
Poi lavoriamo dentro la Libia: con l`assistenza nella gestione delle frontiere, con 130 milioni per sostenere le comunità locali assieme all`Italia e alle Nazioni Unite. Insieme a Unione africana e Onu in sette mesi abbiamo evacuato oltre 20 mila migranti rinchiusi in condizioni disumane nei centri di detenzione. Chi ne aveva diritto ha ottenuto un canale di protezione; gli altri sono stati aiutati a tornare in patria con un sostegno per iniziare un`attività economica.
Collaboriamo con Oim e Unhcr anche nei tredici punti di sbarco in Libia dove vengono riportati i migranti scampati al naufragio, per offrire immediata assistenza umanitaria e sanitaria. Abbiamo contribuito a realizzare il nuovo centro di transito dell’Unhcr per mille persone a Tripoli.
Dal 2015 l’Ue ha stretto alleanze con i Paesi africani e ha lanciato progetti: adesso tocca agli Stati impegnarsi
Assieme a Oim e Unhcr siamo pronti ad ampliare questo modello per arrivare a una gestione degli sbarchi nel Mediterraneo, perché se è inaccettabile che tutto il peso ricada su un singolo Paese, è altrettanto inconcepibile il caos delle imbarcazioni alla deriva. Oltre al lavoro in mare e in Libia, c`è quello che facciamo a sud, nel deserto. Una delle mie prime visite è stata a Agadez, in Niger. Lì abbiamo creato un centro in cui le agenzie dell’Onu assistono i migranti e li aiutano a rientrare a casa. Nell’estate del 2016 c’erano 7 0mila persone, oggi i flussi sono diminuiti del 77%. Anche questo è un modello che si può replicare.
Rientro dei migranti
E stiamo collaborando con molti altri paesi in Africa, dove matura la consapevolezza che la migrazione di intere generazioni mette a rischio tante vite e indebolisce il continente. Sosteniamo i paesi del Sahel anche con un contributo di 100 milioni alla forza militare congiunta che hanno creato contro terrorismo e traffici, anche di esseri umani. E quattro dei cinque Paesi con cui abbiamo sottoscritto accordi europei di riammissione di migranti irregolari sono africani.
Ma il nostro rapporto con l`Africa non si riduce alle questioni migratorie: lì investiamo ogni anno 20 miliardi di euro su crescita economica, aiuti umanitari, diritti umani.
Ampliamento del budget della politica estera UE
E siamo pronti a fare di più: per il prossimo bilancio dell’UE abbiamo proposto di aumentare del 30% i fondi per la politica estera, con 9 miliardi per la gestione delle migrazioni fuori dalle nostri confini. Ora spetta agli Stati membri sostenere questa decisione e fare la propria parte. Non sempre avviene.
Al vertice della Valletta, tre anni fa, l’Ue e gli Stati membri hanno creato un fondo fiduciario per le politiche migratorie da 3,3 miliardi di euro. L`Ue ha messo 2,9 miliardi, gli Stati membri appena 379 milioni. Ora manca un miliardo per completare i progetti. L’Ue ne netterà la metà, il resto dovrà venire dalle capitali.
È facile invocare risultati dall’Europa, non fare la propria parte e poi lamentarsi che l`Europa non funziona. L`Unione europea è ciò che ne facciamo: un capro espiatorio o il più efficace strumento per risolvere, insieme, problemi che nessuno Stato da solo può affrontare.