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Misiani: “Ripresa, cabina di regia specifica per Bergamo”

Il vice ministro dell’Economia, Antonio Misiani, ritiene indispensabile una cabina di regia specifica per la Bergamasca (l’area italiana più colpita dal coronavirus) e definisce una «potenza di fuoco di oltre 750 miliardi» l’iniezione di liquidità alle imprese, decisa ieri dal governo.

Misiani fa il punto della situazione e indica alcune piste per fronteggiare quella che è già un’emergenza economica.

Vice ministro Misiani, il decreto liquidità intende assicurare i prestiti bancari alle imprese e soprattutto il ruolo della Cassa depositi e prestiti: in che termini influirà sul principale problema del mondo produttivo?

«Il decreto legge di marzo aveva previsto un primo, importante intervento, potenziando il fondo di garanzia per le Pmi e varando la moratoria dei finanziamenti bancari. Con il decreto liquidità di oggi (ieri per chi legge, ndr) facciamo un ulteriore, grande passo avanti, portando fino al 100% la garanzia statale sui prestiti alle imprese e rafforzando molto tutta la strumentazione per la liquidità, a partire da quella di Cassa depositi e prestiti e Sace.

In totale mettiamo in campo una “potenza di fuoco” di oltre 750 miliardi. Questo massiccio intervento è, in proporzione al Pil, il più grande d’Europa e sarà decisivo per garantire la tenuta e la ripartenza delle imprese italiane».

Il primo Osservatorio mensile di Confindustria Bergamo afferma che il 52% delle imprese teme di chiudere se non ci saranno aiuti: verrà istituita una cabina di regia per la Bergamasca?

«Gli aiuti arriveranno e saranno imponenti, di una dimensione senza precedenti. Nelle province più colpite, Bergamo compresa, il rinvio dell’Iva sarà più ampio. A livello territoriale una cabina di regia è indispensabile sia per affrontare la fase d’emergenza che per condividere le idee per la ripresa.

La Bergamasca è una delle aree più colpite: qui è necessario più che altrove uno stretto coordinamento fra tutti gli attori istituzionali, economici e sociali in raccordo con la Regione e il governo nazionale. Noi ci siamo, ci mettiamo a disposizione di questo progetto».

Non è ancora chiara la soluzione dell’Europa per gli interventi in comune (Fondo Salva Stati, eurobond, eccetera): che tipo di prospettive vede?

«Le istituzioni dell’Unione europea nelle scorse settimane hanno assunto decisioni impensabili, fino a poco tempo fa: dalla sospensione del Patto di stabilità al piano straordinario di acquisto titoli della Banca centrale europea fino al programma “Sure” che stanzia 100 miliardi per la Cassa integrazione europea.

Ora serve un passo in più: un grande piano di rilancio delle economie dell’Unione, recuperando le risorse necessarie sul mercato ai tassi di interesse più bassi possibili. Finora il “sovranismo” economico di alcuni Paesi – non solo Germania e Olanda, ma anche alcune nazioni dell’Europa dell’Est – ha frenato, ma il quadro è cambiato negli ultimi giorni e le posizioni italiane sono assai più condivise di quanto avveniva in passato».

L’altro problema urgente riguarda il paracadute per i redditi: in queste settimane sarà varato il Reddito d’emergenza?

«Faremo tutto quello che è necessario per evitare che alcune categorie di lavoratori e di famiglie rimangano senza sostegni. A marzo abbiamo compiuto uno sforzo enorme, estendendo la Cassa integrazione a tutte le imprese e introducendo un assegno per oltre 5 milioni di lavoratori autonomi e precari. Abbiamo sostenuto le famiglie con i congedi parentali e i voucher e dato ai Comuni 400 milioni per le spese di prima necessità dei più fragili.

Nonostante questo pacchetto di misure, che vale nel complesso quasi 10 miliardi di euro, non abbiamo raggiunto tutti quelli che volevamo aiutare. Dobbiamo e vogliamo fare di più con il decreto legge che sarà varato in questo mese. Personalmente, rafforzerei ulteriormente le capacità d’intervento dei Comuni, che conoscono molto meglio dello Stato centrale le reali situazioni di bisogno nelle loro comunità».

La parola d’ordine è fare in fretta, ma i soldi della Cassa integrazione giungono tardi e a molti non sono ancora arrivati, mentre c’è una sovrapposizione di norme: non si riesce a semplificare?

«Per accelerare al massimo l’erogazione della Cassa integrazione abbiamo sottoscritto un accordo con le banche, che anticiperanno ai lavoratori i soldi dovuti dall’Inps. Per altri strumenti, dal contributo agli autonomi fino ai voucher baby sitter, da alcuni giorni è possibile presentare le domande e a metà aprile inizieranno i pagamenti. Certo, non è semplice accelerare al massimo le procedure in un Paese iper burocratizzato come l’Italia. Tra mille difficoltà, ci stiamo provando».

Si avverte un ritorno massiccio dello Stato, anche nella sanità: è così?

«L’emergenza ha dimostrato la necessità di uno Stato capace di decidere e di intervenire rapidamente. Serve una riflessione vera, sulla suddivisione di competenze fra lo Stato e le Regioni, a partire dalla definizione della catena di comando nelle situazioni d’emergenza: non è accettabile che ogni Regione vada in ordine sparso come tante, troppe volte è capitato in queste settimane.

La stessa valutazione critica va fatta in relazione ad alcune scelte che in passato hanno indebolito il ruolo pubblico in una serie di servizi e settori essenziali. Siamo entrati in un‘altra epoca e dobbiamo superare la vecchia contrapposizione fra statalisti e privatizzatori. L’Italia può ripartire solo se sapremo costruire un’alleanza strategica fra Stato, privati e Terzo settore».

Il lavoro sta cambiando paradigma: state pensando a un piano industriale?

«Nell’immediato, stiamo facendo tutto il possibile per salvare le imprese e i posti di lavoro. In prospettiva, dobbiamo ripensare tante cose, nell’assetto produttivo e occupazionale del nostro Paese. All’Italia serve un vero e proprio piano industriale. Un piano per la ricostruzione, da finanziare con una grande emissione di titoli di Stato a lunghissimo termine e attraverso strumenti innovativi che incentivino i risparmiatori italiani e stranieri a investire sulla ripartenza del Paese».

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