Viceministro, ma lei è convinto di questa riforma del Mes, il fondo salva-Stati?
«Il Mes – risponde Antonio Misiani, viceministro dell’Economia – è utile all’Italia e all’Europa. L’euro ha bisogno di un sistema di mutua assicurazione che aiuti gli Stati in temporanea difficoltà finanziaria e potenzi gli strumenti per affrontare le crisi bancarie. La riforma è stata preceduta da un lungo negoziato in Europa, che per la quasi totalità è stato condotto dal precedente governo. Riteniamo sia stato fatto un buon lavoro. Come tutti i compromessi ha luci e ombre, ma nel complesso gran parte delle istanze poste dall’Italia sono state recepite».
Quali sarebbero i vantaggi e i rischi per l’Italia?
«Primo vantaggio, finalmente si realizza un supporto comune al fondo di risoluzione unico per le banche. Si aggiunge così un tassello fondamentale all’Unione bancaria e si aumenta la stabilità e la resilienza dell’area Euro. Il Mes si conferma come un paracadute indispensabile per proteggere la moneta unica. Viceversa, la ristrutturazione automatica dei debiti dei Paesi salvati, che alcuni Paesi del Nord Europa sostenevano all’inizio, è stata esclusa anche su sollecitazione dell’Italia. Infine, l’Italia, contribuendo al fondo per ben 14,3 miliardi, ha interesse che queste risorse siano utilizzate bene. Chi contribuisce deve essere garantito rispetto a fenomeni di azzardo morale».
Il Mes è ancora modificabile o è prendere o lasciare?
«A giugno è stata raggiunta in Europa una ampia condivisione. La discussione è ancora in corso sugli atti annessi, che non sono secondari, poi la riforma verrà approvata dal Consiglio europeo. L’ultima parola spetta, in ogni caso, ai Parlamenti nazionali».
Matteo Salvini accusa il premier Giuseppe Conte di alto tradimento.
«La polemica di Salvini ha un tasso di strumentalità insopportabile. Era vicepremier nel governo precedente e informato del negoziato, ma non ha mai gridato all’alto tradimento. Salvini dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso, ma soprattutto evitare di diffondere fake news e allarmismi che finiscono per indebolire l’Italia in Europa».
A giugno, in Parlamento, anche il Pd fu molto critico contro «l’idea che, a maggioranza, altri Stati europei possano decidere di ristrutturare il debito italiano».
«Il testo non prevede alcun automatismo nella ristrutturazione dei debiti dei paesi in difficoltà. Questo è un punto di sostanziale importanza».
Anche a giugno non c’era automatismo, ma i critici ritenevano che la riforma rendesse più probabile la ristrutturazione del debito. Lei non vede questo rischio?
«Era una percezione errata, come ha dimostrato la reazione tutt’altro che negativa dei mercati al testo di giugno. Del resto, l’Italia non ha mai avuto bisogno del salva-Stati, nemmeno durante la drammatica crisi finanziaria del 2011, e oggi la sostenibilità del nostro debito è indiscutibile».