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Misiani: «Indennizzi, Cig e soldi alla sanità così impiegheremo i 4 miliardi»

Il prossimo provvedimento economico del governo per contrastare l’emergenza coronavirus rappresenterà un «cambio di passo» con misure per tutto il territorio nazionale. Ma da solo potrebbe non essere sufficiente. «Serve un’iniziativa di politica fiscale a livello europeo che coordini e rafforzi le iniziative dei singoli Paesi».

 

Il viceministro dell’Economia Antonio Misiani sfoglia l’agenda che il governo ha dovuto rivedere a fondo dopo l’esplosione dell’epidemia nel nostro Paese, dieci giorni fa. Nei prossimi giorni ci sarà il voto in Parlamento sulla risoluzione che autorizza il ricorso al deficit, in base all’articolo 81 della Costituzione; poi una volta garantite in questo modo le risorse finanziarie, il governo approverà il nuovo decreto legge. Circa quattro miliardi per il secondo pacchetto di misure economiche.

È questo il conto dell’emergenza economia o serviranno ancora più risorse?

«Il governo si è messo in moto immediatamente dal 24 febbraio con il decreto ministeriale per congelare le prime scadenze fiscali, poi con il decreto legge di venerdì ha completato l’intervento per le “zone rosse” aggiungendo alcune misure di respiro nazionale, da quelle per il turismo alla Cig in deroga per le Regioni del Nord. Con l’ulteriore provvedimento usiamo quasi quattro miliardi su tutto il territorio nazionale, che non sono pochi. Ma a questo sforzo è indispensabile aggiungere un’iniziativa a livello europeo».

Per mercoledì è prevista una riunione in teleconferenza dei ministri delle Finanze europei. Sarà l’occasione per avviare questo discorso?

«Sì. Dobbiamo prendere atto che la politica monetaria non ha più grandi margini e allora occorre usare la politica di bilancio. Ci vuole un orientamento più espansivo a livello europeo, perché se anche la Germania fa una manovra di sostegno all’economia è chiaro che questo rafforza pure noi, in un continente così interconnesso. Un approccio comune vale più della somma dei singoli interventi che i vari Paesi possono mettere in campo».

Intanto l’Italia chiede al Parlamento, per poi chiederlo all’Unione europea, di fare più spesa in disavanzo. A quanto salirà il deficit del 2020?

«In autunno avevamo scritto il 2,2 per cento del Pil. Aggiungendo uno 0,2 si arriverebbe al 2,4. In ogni caso, come vedremo dal consuntivo Istat, nel 2019 il disavanzo chiuderà ad un livello più basso del previsto. Il trascinamento di questi risultati positivi potrebbe controbilanciare almeno in parte le conseguenze negative sui conti pubblici dell’emergenza Coronavirus».

Concretamente cosa ci sarà nel nuovo decreto?

«Le linee di intervento sono quattro. Primo: un forte rafforzamento degli ammortizzatori sociali non solo nelle tre Regioni del Nord ma su tutto il territorio nazionale, quindi cassa integrazione in deroga per i settori colpiti. Poi gli indennizzi per le attività economiche maggiormente penalizzate dall’emergenza. Una misura necessaria è dare il massimo sostegno possibile al servizio sanitario, che con l’ultima manovra ha già avuto un incremento molto rilevante, pari a 4 miliardi su due anni: aggiungeremo tutti i soldi in più che eventualmente servissero. Infine, ma dobbiamo ancora vedere se inserire questo aspetto nel provvedimento in preparazione o in uno ancora successivo, bisogna accelerare gli investimenti pubblici. I soldi ci sono, quello che serve è una drastica semplificazione delle procedure. Quanto fatto per il ponte di Genova è un modello da replicare».

A proposito di turismo, al di là di quel che il governo potrà fare nell’immediato per ristorare i danni subiti c’è il tema dell’immagine del nostro Paese. Una reputazione compromessa rischia di fare danni anche in un arco di tempo più lungo.

«È vero, serve un intervento straordinario anche su questo fronte. Le reazioni emotive possono essere comprensibili nel breve periodo, ma penalizzarci per quanto sta accadendo sarebbe ingiusto. Dobbiamo assolutamente far passare il messaggio che l’Italia ha uno dei migliori sistemi sanitari del mondo, che è un Paese sicuro in grado di gestire in modo efficace questa crisi».

Che fine farà l’attività del governo già impostata prima che dilagasse l’emergenza?

L’agenda 2023, la riforma dell’Irpef, la revisione delle regole previdenziali? «Come ha confermato il ministro Gualtieri la riforma dell’Irpef deve andare avanti, siamo convinti che potrà a sua volta contribuire alla ripresa dell’economia. Poi è chiaro che l’agenda sarà rimodulata sulla base di quello che succede. La priorità è far ripartire gli investimenti e sostenere il sistema produttivo».

L’opposizione si è detta favorevole ad autorizzare più deficit in Parlamento. Cercherete appoggio fuori dalla maggioranza anche sulle singole misure del prossimo decreto?

«Siamo convinti che tutte le forze politiche possano condividere questo sforzo straordinario del Paese. Prima di mettere a punto i dettagli del provvedimento ci incontreremo con le parti sociali ma siamo pronti ad ascoltare anche le indicazioni che verranno dall’opposizione. Sulle scelte necessarie in un momento di emergenza si possono, anzi si devono trovare convergenze».

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