La strategia italiana non cambia dopo gli attentati in Spagna e l’aggressione in Finlandia che fanno temere una nuova ondata di attacchi jihadisti in Europa. Perché, come ribadisce il ministro dell’Interno Marco Minniti al termine del Comitato per la sicurezza convocato ieri mattina, «di fronte a questo tipo di minaccia possiamo soltanto intensificare il controllo del territorio, confermando però il dispositivo messo in atto già da mesi».
Un’attività che riguarda «i luoghi, ma anche le persone con verifiche continue per individuare chi dimostra di essersi radicalizzato e dunque deve essere immediatamente espulso».
«Cellula» marocchina e rischio emulazione
E infatti «stupisce che un furgone Van possa aver attraversato indisturbato la rambla di Barcellona, appare strano che non fossero state predisposte misure di protezione in uno dei posti maggiormente affollati da cittadini e turisti».
La considerazione può essere estesa anche a Cambrils dove la «cellula» estremista ha utilizzato la stessa tecnica di attacco di Barcellona, provocando terrore e altri sei feriti e ciò fa presumere che le autorità spagnole non ritenessero concreto il pericolo di un attacco imminente.
L’analisi di Antiterrórismo e apparati di intelligente italiani su quanto accaduto in Spagna, accredita l’ipotesi che si tratti di «una cellula caratterizzata dallo spontaneismo visto che ha commesso diversi errori e non aveva armi da fuoco, ma capace di organizzarsi su standard molto elevati pianificando tre attacchi e ottenendo il massimo risultato addirittura riuscendo a modificare in tempo reale il piano di azione». Un’evoluzione rispetto agli attacchi dei «lupi solitari» con l’evidente tentativo di ripetere quello che è accaduto a Parigi nel novembre 2015, con la strage del Bataclan e la missione di morte allo Stade de France. Ed è proprio questo a destare l’allarme maggiore.
Effetto imitazione «Nessuno è immune»
Il rischio più forte riguarda adesso «i tentativi di emulazione, la determinazione dei fondamentalisti che si trovano in tutti gli Stati europei a mettere in pratica le disposizioni» di chi via Internet incita ad agire in ogni modo e con qualsiasi mezzo.
Minniti sa bene che «nessuno Stato è immune», quindi non rivendica il fatto che in Italia non sia accaduto nulla, però nella riunione di ieri ha voluto sottolineare come «non sia necessario alzare ulteriormente il livello di allerta, perché tutte le misure di prevenzione sono state attuate e sarebbe tecnicamente impossibile fare di più senza militarizzare città e luoghi di aggregazione».
Anche se questo non vuol dire che «non sia necessario rivedere continuamente il dispositivo, aggiornarlo tenendo conto dell’evoluzione di ogni situazione».
Negli ultimi quindici giorni gli analisti hanno rintracciato sui siti web frequentati dai fondamentalisti almeno una decina di appelli affinché «si colpisca ovunque». Le indagini in corso chiariranno se la «cellula» di Barcellona abbia agito seguendo una «regia» esterna, ma la convinzione che gli attacchi in Occidente possano intensificarsi perché l’Isis perde terreno in Medio Oriente, trova conferma proprio dopo quanto accaduto in Spagna. E dunque convince sulla necessità di convocare i comitati provinciali «proprio per rivedere le misure ed eventualmente individuare altri luoghi a rischio».
Nella sua direttiva ai prefetti Minniti ribadisce «la necessità di coinvolgere i sindaci, ma anche la polizia locale, in un approfondimento sui possibili pericoli per i prossimi eventi pubblici, sui rischi che possono determinare la necessità di chiudere e proteggere altre strade, piazze, punti di aggregazione, e per ribadire che tutte le richieste di affitto di mezzi pesanti dovranno essere comunicate alle autorità di pubblica sicurezza».
Le espulsioni e i controlli mirati
In cima alla lista delle priorità c’è poi «la politica di espulsione immediata dei soggetti potenzialmente pericolosi». Le verifiche effettuate sulla lista di nomi inviata dai responsabili della sicurezza spagnoli l’ufficiale di collegamento ha partecipato alla riunione al Viminale escludono al momento collegamenti con persone che si trovano nel nostro Paese.
Ma il fatto che Moussa Oukabir, l’uomo che era alla guida del furgone utilizzato a Barcellona, fosse da poco rientrato dal Marocco è una circostanza che viene presa in seria considerazione. Perché tra le 67 espulsioni decretate negli ultimi mesi ci sono soprattutto marocchini e tunisini e per questo il ministro ribadisce che «proprio su questo dobbiamo continuare a lavorare nella nostra attività di prevenzione individuando possibili contatti e legami con ambienti jihadisti e fondamentalisti in Italia e all’estero».