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Migliore: Il Paese chiede governabilità, basta con i veti dei piccoli partiti

Bocciato l’Italicum bis, il Pd si fa carico di una nuova proposta, il sistema tedesco che in effetti è un Mattarellum rivisto e corrett. È un ritorno al passato?

«È la grande occasione da non sprecare. Si riparte dalla proposta che riprende la miglior legge elettorale che sia stata applicata nel nostro Paese.

 

Il Mattarellum si basa su due principi essenziali: da un lato, i cittadini avranno una conoscenza diretta dei candidati e potranno scegliere il loro rappresentante in collegi sufficientemente piccoli; dall’altro, la correzione proporzionale consentirà di assicurare la necessaria rappresentanza ai partiti».

 

Però la quota proporzionale mantiene le liste bloccate.

 

«La sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il Porcellum ha detto che le liste bloccate sono ammissibili purché corte perché permettono la conoscibilità dei candidati. Di qui la scelta di limitare a quattro i nomi».

 

Resterà il premio di maggioranza?

«È giusto e utile che venga assegnato il premio, un premio non di maggioranza ma di governabilità per dare stabilità al Paese. 114 dicembre gli italiani hanno bocciato la riforma costituzionale e la volontà del popolo va sempre rispettata. Ma non possiamo rinunciare all’idea della stabilità e della governabilità».

 

Il Mattarellum prevede le coalizioni. Non teme il potere di veto dei piccoli partiti, che già fecero cadere per ben due volte Romano Prodi?

 

«Il tema del potere diveto esiste ma la questione non potrà mai essere risolta se non creando nei candidati la consapevolezza che una volta eletti fanno parte di una maggioranza. Con il Mattarellum il rischio è comunque minore: l’eletto è più vincolato al territorio e al programma, mentre con il Porcellum, una volta eletti, scatta una sorta di liberi tutti perchè il parlamentare non risponde al collegio e agli elettori ma solo al capo del partito».

 

La soglia di sbarramento al 5 per cento è ritenuta alta dai piccoli partiti. Nel Mattarellum originario era al 4, nell’Italicum al 3. I15 per cento è un modo per ridimensionare i piccoli partiti?

 

«115 per cento è il minimo. La soglia del 3 per cento era compatibile con una legge fortemente maggioritaria e a doppio turno, come è Ma se si vuole evitare la frammentazione occorre uno sbarramento al 5 per cento, come del resto c’è nella gran parte dei Paesi europei a partire dalla Germania».

 

La proposta del Pd piace alla «Il Paese chiede governabilità basta con i veti dei piccoli partiti» Lo sbarramento È giusto fissare la soglia al 5 per cento per evitare l’eccessiva frammentazione Lega ma non al M 5s. Forza Italia è divisa tra chi è disponibile a un confronto e chi insiste sul proporzionale puro. C’è la possibilità, come il Pd chiede, di una ampia condivisione?

 

«Vorrei ricordare agli smemorati che il M5s da mesi ripete che è disponibile a votare qualsiasi legge elettorale, salvo poi tirarsi indietro appena c’è una proposta seria. In italiano si chiama inclina, in napoletano “mattonella”.

 

Il M5s è il maggiore responsabile del blocco istituzionale. Quanto a Forza Italia, osservo che è divisa. Spero che ci sia in quel partito un ragionamento approfondito anche se penso di poter affermare che il vero problema di Forza Italia è nel rapporto con la Lega e non con la legge elettorale».

 

I centristi di Alternativa popolare, vostri alleati di governo, mugugnano. Il rapporto è a rischio?

«Osservo che in Ap c’è molta fibrillazione, anche in Parlamento dove si ricercano mediazioni che spesso diventano pasticci, come è successo sulla legittima difesa. I centristi riflettano e si rendano conto che fino a un certo punto possono essere privilegiatigli interessi di bottega; poi devono prevalere gli interessi del Paese. C’è lo spazio politico per ottenere il 5 per cento».

 

I tempi di approvazione saranno rapidi?

«Per quanto ci riguarda resta ferma la data del 29 maggio in aula. Sono certo che i tempi saranno celeri, sicuramente la legge potrà essere approvata alla Camera prima dell’estate».

 

Ma il problema è al Senato, dove i numeri sono risicati.

«Una volta approvata la legge alla Camera, poi è complicato per i sostenitori del distinguo privare il Paese di una legge elettorale fatta dal Parlamento e lasciare in vita quella scritta dalla Consulta».

 

Si vocifera di un nuovo gruppo al Senato, una sorta di responsabili in soccorso al Pd.

«La legge è aperta al contributo di tutti, da Sinistra italiana a Forza Italia passando per il M5s. La responsabilità è in capo a ogni parlamentare»

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