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Mezzogiorno, De Vincenti: Patto con l’Ue per le zone franche

Ha ascoltato a lungo, Claudio DeVincenti. Almeno due ore, prima di prendere la parola. Fatto raro per i politici, di solito abituati al “mordi e fuggi” da un convegno all’altro. «Mi ha colpito molto spiega il ministro della Coesione e del Mezzogiorno in una saletta della Stazione marittimala riflessione della Chiesa circa la condizione di grande sofferenza dei giovani che non trovano lavoro e non vedono prospettive. È il problema più importante del Paese e del Sud. C’è un vissuto concreto di dolore che la politica deve ascoltare, altrimenti non riesce, come si diceva una volta, ad aderire alle pieghe della società e a risolverne i problemi».

 

Tutti coloro che hanno preso la parola concordano sul fatto che il tempo delle analisi è finito…

Stiamo lavorando duro. Ma mi rendo conto che dopo anni e anni di attesa le famiglie e le persone di questo territorio attendano risposte immediate. Devo però essere sincero e dire che miracoli a portata di mano non ce ne sono. C’è un’inversione di tendenza, un cambiamento che stiamo operando. Il Pil tornato a crescere, cantieri essenziali riaperti, segnali sull’occupazione. Non mancano le risorse economiche. Serve ora qualcosa che non fa rumore, non fa notizia, ma è essenziale.

 

Ovvero?

Politiche ordinarie serie, che utilizzino le risorse sia ordinarie che aggiuntive. Governo, regioni e comuni insieme che ogni giorno, con azioni concrete, sviluppano le misure che sono già legge.

 

Le risorse ci sono. Ma quante precisamente?

Il Fondo di coesione, che è fatto di soldi nazionali, vale 55 miliardi e 1’80% sono per il Meridione. I fondi strutturali europei 2014-2020, comprensivi di agricoltura e cofinanziamento nazionale, ammontano a 74 miliardi: il 70% va al Sud. In totale, noi abbiamo 95 miliardi di euro da spendere.

 

Lo faremo male, come avvenuto in altre circostanze?

Il decreto che abbiamo approvato in questi giorni fissa un principio innovativo. Le risorse ordinarie per investimenti vengono ripartite secondo il principio dell’equità territoriale, mentre le risorse aggiuntive, ovvero il Fondo coesione e i Fondi strutturali, debbono essere davvero “aggiuntive” e quindi servire a colmare il gap tra Nord e Sud. Sinora questo è stato vero solo fino a un certo punto.

 

Sono quegli interventi con il cacciavite che pure servono. Però l’impressione è che per il Sud serva uno choc…

Entro pochi mesi concluderemo con la Commissione Ue uninterlocuzione importante per istituire nel Meridione e in altre aree sensibili del Paese le “zone economiche speciali”, aree infraregionali, distretti economicamente omogenei, sui quali concentrare incentivi straordinari di tipo fiscale e creditizio. Sono molto ottimista, Bruxelles è aperta al dialogo e ha compreso che ci sono aree che hanno bisogno di un volano più forte.

 

Dal palco ha avuto un botta e risposta con il governatore campano De Luca, che chiede un mega-piano di assunzioni nella pubblica amministrazione…

Ho rispetto per le idee di De Luca, ma questa sarebbe solo una comoda via di fuga. È l’economia del Sud che deve ripartire. Da questo convegno non viene una generica richiesta di lavoro, ma si sottolinea che i giovani cercano un lavoro produttivo, che dia loro dignità, che aiuti a strutturare la persona, l’identità, i piani di vita. La sfida è questa.

 

Ma se fosse lei un giovane di 25 anni del Sud, che futuro immaginerebbe?

Proverei a strutturare un’attività mia, insieme ai miei coetanei. Magari una start up, usando i diversi strumenti fiscali varati con le ultime leggi di stabilità. Ma lungi da me dare lezioni ai ragazzi del nostro Mezzogiorno: ho i capelli bianchi e so che da ministro il mio compito è cercare risposte sistemiche che diano lavoro su larga scala e non solo a chi vuole mettersi in proprio.

 

Ministro, sia sincero: lei crede che il Sud ce la farà?

Per quello che vedo con i miei occhi, sì. Il distretto dei microsatelliti di Mola di Bari, l’area industriale di Altamura, i reattori della Walter Tosto di Chieti, le prospettive di riqualificazione di Bagnoli, le eccellenze culturali del San Carlo di Napoli e del Massimo di Palermo, le tante storie di successo in tutte le regioni, i cantieri delle infrastrutture strategiche riaperti. Sono cose che esistono, tangibili. Prevale una retorica del negativo che avolte però non aiuta a risolvere i problemi, che evidentemente ci sono e sono anche grossi. Però il Sud si sta rialzando. E se si rialza il Sud rinasce l’Italia intera.

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