«Il 4 dicembre si è chiusa una fase. Ora bisogna ripartire, correggere la rotta. E rilanciare. 11Pd deve farsi promotore di un’iniziativa per un nuovo centrosinistra». Maurizio Martina è stato riconfermato ministro dell’Agricoltura. Non è un renziano, ma è il leader di una componente, ‘Sinistra è cambiamento’, che conta una cinquantina di parlamentari e che ha sostenuto la maggioranza.
Partiamo dalle «debolezze».
«Innanzitutto, credo sia doveroso valorizzare i risultati ottenuti e troppo spesso dati per scontati: dai nuovi diritti, all’occupazione che riprende, all’economia che migliora. Certo, tutto questo non basta, sono ancora segnali timidi e risalire la china dopo la crisi durissima che dal 2008 ci coinvolge non è affatto semplice. Detto ciò, è giusto mettersi in discussione, ragionare degli errori e delle cose che non hanno funzionato».
Per esempio?
«Parto dai giovani e dal Sud. Dal tema che riguarda la generazione dei giovani adulti, tra i 25 e i 4o anni: è una questione gigantesca quella legata ai figli, che hanno prospettive più precarie dei genitori. E rifletto su alcuni nodi irrisolti come scuola e partite Iva».
Lei dice: si è chiusa una fase. E ora?
«Il referendum ha chiuso una stagione che si era aperta nel ’91 con i referendum di Segni. Ora il Pd deve mettere in campo un’iniziativa come soggetto federatore di un centrosinistra nuovo, che aggreghi forze, energie e intelligenze, e che vada oltre la vocazione maggioritaria. È venuto il tempo di raccogliere il meglio del modello Milano».
Allude alla proposta di ‘Campo progressista’ lanciata nei giorni scorsi dall’ex sindaco Pisapia?
«In questi anni ci sono state diverse sensibilità ed energie che si sono unite e hanno prodotto buona amministrazione, un avanzamento del welfare e un alto tasso di civismo. Credo si debba unire il riformismo dei diritti e della partecipazione, che ha fatto capo a personalità come Pisapia e Massimo Zedda, e il riformismo delle opportunità , che ha interpretato al meglio Renzi».
Il Pd deve guardare di più a sinistra?
«Non solo. Il Pd deve mettersi al servizio di un progetto in grado di unire esperienze diverse. Dove si possano riconoscere anche tanti moderati che rifiutano le logiche di Salvini e Meloni».
Renzi è ancora nel futuro del Partito democratico e del governo?
«Renzi è ancora un’energia fondamentale. Poi, naturalmente, un grande partito come il nostro non può fare a meno di una forte coralità e pluralità ».
E giusto anticipare il congresso?
«Lo deciderà l’assemblea di domenica. Congresso o meno, dobbiamo confrontarci in modo aperto prima di tutto sulle idee».
La «gaffe» di Poletti ha rimesso in luce la questione dei tempi dell’esecutivo: sarà un governo di legislatura o a termine?
«Il premier ha già chiarito: fin quando avremo la maggioranza governeremo».
E sul Jobs act? La sinistra pd chiede, più che il voto, cambiamenti radicali.
«La riforma del lavoro ha prodotto innovazioni che meritano un’analisi profonda. Molte cose devono essere ancora fatte, penso in particolare alle politiche attive. Sui voucher io penso che sia giusto intervenire».