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Martina: “L’Italia non è l’Emilia-Romagna, ora piedi per terra e concentrati”

«Dobbiamo affrontare a viso aperto il tema dei diritti civili con lo ius culturae, che è venuto il tempo di approvare. E nello stesso tempo una revisione netta dei decreti Salvini e anche della Bossi-Fini». L’ex segretario del Pd, Maurizio Martina, lancia un sasso nello stagno e confida che il Pd provi a dare una svolta a questo governo.

Oggi c’è la verifica, voi chiederete di fare qualcosa di caratterizzante per il vostro elettorato?

«Dobbiamo essere consapevoli che abbiamo vinto una sfida importantissima, ma guai se pensassimo che l’Italia è l’Emilia-Romagna. Piedi per terra e massima concentrazione. Dobbiamo avere un’agenda forte di cambiamento del paese, a partire dalla questione sociale. Non dobbiamo fare cose per il nostro elettorato in astratto, ma condividere un progetto di cambiamento che affronti nodi irrisolti, a partire dal lavoro. E quindi nuovo sviluppo sostenibile, sostegno alle imprese, riforma del fisco a misura di famiglie e contro le rendite».

In cima all’agenda dunque c’è la revisione dei decreti sicurezza?

«Ora possiamo fare un discorso di verità al paese e dire che quei decreti hanno prodotto solo insicurezza, anarchia e disorganizzazione. Un anno di applicazione di quei decreti hanno generato 100 mila immigrati irregolari in più. Vanno riscritti con un nuovo modello: dimostrando che solo nelle regole si genera più sicurezza. Ci vuole una revisione netta che vada oltre i richiami del Colle. Ed è venuto il momento di toccare alcuni nodi come la Bossi-Fini regolando davvero i flussi. Ma si deve fare anche altro».

Ad esempio norme sui diritti civili o lo ius culturae?

«La realtà spesso è più avanti delle nostre discussioni. Penso che il paese sia pronto allo ius culturae e dobbiamo avere la forza di fare il passo definitivo. In prima commissione, a presidenza M5 S, si è avviato un lavoro approfondito, completiamolo e sfateremo il tabù di pensare che il Paese non sia pronto».

E quando vanno fatte queste cose, visto che ogni tema che voi ponete viene rinviato, mentre quelli pretesi dai grillini partono subito, come il taglio dei parlamentari e la prescrizione?

«Toccherà alle nostre delegazioni definire il percorso, sono fiducioso che si possa fare un salto di qualità smettendo di pensare che si governi il Paese in una logica contrattualistica. C’è da condividere una prospettiva e spero in un confronto che faccia maturare tutti».

Ma sulla prospettiva comune finora avete ricevuto porte in faccia, no?

«Va rispettato il percorso che stanno facendo i Cinque stelle. Io auspico che possano guardare all’evoluzione che ha avuto un movimento come Podemos in Spagna per un ancoraggio ad una prospettiva comune con le forze riformiste e progressiste».

E come farete se non si smuovono? Anche nelle regioni dove si vota non c’è aria di alleanze…

«Mi auguro che dal basso possa crescere una comune condivisione delle sfide territoriali, in alcuni contesti la possibilità c’è se si fanno prevalere i contenuti. Vorrei ci fosse la libertà di misurare le convergenze a partire dai progetti locali, liberandoci tutti da questa cappa per cui a Roma qualcuno debba dare il via. Conta il merito delle scelte, in tutte le regioni ci sono discorsi aperti, ovunque vanno affrontati con libertà».

Questo fronte progressista può essere guidato da Giuseppe Conte?

«Oggi è il punto di incontro nella maggioranza e anche lui ha indicato il senso di una prospettiva comune. Il premier ha la grande responsabilità di fare avanzare questa esperienza e saranno i fatti a dirci fin dove possiamo arrivare. Non possiamo certo escludere che possa giocarsi questa partita anche in futuro».

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