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Martina: il centrosinistra non esiste senza il Pd

«Il dialogo sulla legge elettorale tra Pd, Forza Italia, M5s e Lega ha un valore di pacificazione. Pur con tutti gli interrogativi di prospettiva che pone, il fatto che si stia lavorando per costruire sulle regole una larga condivisione è una novità utile non banale, che può farci superare alcune fratture profonde del passato». Da vicesegretario democrat, Maurizio Martina tiene a evidenziare la novità di metodo nella trattativa sulla legge elettorale. Sebbene da ministro dell’Agricoltura debba fare i conti con il collega Angelino Alfano, a cui Matteo Renzi ha dato il benservito dopo anni di governo: «Non c’è stata nessuna logica vendicativa. Sulla legge elettorale abbiamo valutazioni differenti, e capisco che questo modello di voto apra per Ap una sfida difficile quanto ambiziosa. Ma rivendico il lavoro svolto insieme in una legislatura che era nata morta e che invece ha aiutato il Paese».

Magari la soglia al 5% ha l’obiettivo anche di impedire l’arrivo in parlamento di una sinistra extra-Democratica.

«Non mi pare, visto che Mdp e Si concordano. Semmai sono convinto che, se il “tedesco” verrà approvato, il Pd dovrà caricarsi di una forte ambizione: aprirsi ancora di più come forza pluralista, sociale, civica».

Intanto Pisapia ha lanciato per luglio un’assemblea nazionale per dare vita a un nuovo soggetto politico.

«Non so come evolverà quel percorso. Sulla stessa legge elettorale hanno opinioni diverse. Io credo fermamente che non ci sia centrosinistra senza il Partito democratico».

E lei sembra fare la parte del poliziotto buono. Renzi teme nemici a sinistra?

«Nessun timore. Noi dobbiamo sviluppare fino in fondo la nostra natura di partito del centrosinistra perché questa è la nostra casa. Personalmente ripartirei da Adriano Olivetti e dalla sua ambizione perché l’Italia fosse il Paese della via nuova tra stato e mercato. Tanto più oggi dopo l’esperienza liberista e la crisi economica il tema è questo. Vuole dire proporre un altro modello di sviluppo e di società. Vuole dire nuova centralità del lavoro e della comunità. E soprattutto un orizzonte europeo. Su questo e su altro siamo pronti al confronto».

Il fatto che ripeta sempre «centrosinistra» nasce dalla preoccupazione che il seme di Romano Prodi possa germogliare in un altro campo?

«Il Pd è figlio dell’Ulivo e questo cordone ombelicale non lo taglierà nessuno. La nostra radice è ulivista».

Vi accusano…

«Chi ci accusa: chi ha ammazzato l’ulivo?».

Pisapia non ha ammazzato l’Ulivo e anche lui vede una deriva centrista del Pd.

«Non esiste, con qualsiasi legge elettorale la nostra prospettiva è e rimane il centrosinistra. Nè si può far finta di non vedere che lo scenario politico è mutato dopo la sconfitta del referendum costituzionale. Anche la legge elettorale è figlia del risultato del 4 dicembre. Senza dimenticare che in un sistema tripolare nemmeno il maggioritario può garantire la stabilità».

Quindi vi candidate a governare con le larghe intese.

«Noi ci candideremo a guidare il Paese con un progetto chiaramente alternativo alla destra e ai Cinquestelle. Non penso, come ha sostenuto Andrea Orlando, che il proporzionale faccia sparire la parola centrosinistra. Mentre concordo con lui quando dice che è necessario un programma a carattere fortemente sociale. Su questo lavoreremo insieme con grande determinazione. E più larga sarà l’intesa sulla legge elettorale, più chiara dovrà essere la competizione in campagna elettorale. La differenza la faranno i contenuti».

Ma il risultato, con il «tedesco», lo daranno i numeri.

«Ambisco a stare nella logica tedesca, dove Spd e Cdu sono partiti chiaramente alternativi e si sfidano cercando consensi con l’obiettivo di guidare il Paese».

Poi però fanno anche governi di coalizione. In tal senso il nostro Paese è pronto a imitare la Germania?

«Non è questo il punto. Il nostro Paese deve poter scegliere tra proposte diverse perché differenti sono le prospettive per il futuro. E il Pd, chiusa l’intesa sulle regole, dovrà preparare la sua proposta per l’Italia».

Servirebbe tempo allora…

«Il nostro congresso non è stata solo una conta, ma anche un’esperienza unica che ha coinvolto migliaia di persone per iniziare questo lavoro sulle idee, le priorità e il progetto».

Perché Renzi sembra aver fretta del voto: ritiene si debba avere entro l’anno un governo capace di contrattare con l’Europa, mettendo in conto anche un’eventuale procedura d’infrazione.

«Non mi pare che le cose stiano così, calma. Concentriamoci ora sulla legge elettorale. Solo dopo si aprirà un nuovo scenario. E allora ci confronteremo sulle differenti strategie per affrontare i problemi macro-economici del Paese»

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