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Martina: campi bio e hi-tech, così rilanceremo il Made in Italy

“Abbiamo bisogno di disegnare una nostra strategia anticipando i cambiamenti e non subendoli, puntando tutto su ecologia e rivoluzione digitale con un obiettivo chiaro: entro il 2030 la nostra agricoltura deve essere 100% sostenibile”. Lo afferma Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, in un’intervista a Repubblica.

 

“La sostenibilità aumenta la competitività. I cittadini, sempre più consapevoli, domandano qualità e basso impatto ambientale. Il biologico e’ l’esempio. In Italia – spiega Martina – le superfici bio sono aumentate del 50% in 5 anni, i consumi del 20%. E sui prodotti coltivati così si guadagna in media il 10-15% in più. E’ il modo per valorizzare la nostra biodiversità coniugandola con la redditività”.

 

Accanto a questo c’e’ l’hi-tech: “Ci si deve rendere conto che la smart-farm, la fattoria tecnologica e multifunzionale, sfruttando l’Internet delle cose può abbattere i costi e migliorare le rese”, dichiara Martina. “Ci sono ad esempio già oggi aziende vitivinicole che usando i sensori dell’irrigazione di precisione hanno ridotto del 30% i consumi di acqua. Anche per questo abbiamo lavorato per estendere i vantaggi del piano “Industria 4.0″ all’ agricoltura con i superammortamenti su macchine e tecnologie di ultima generazione”.

 

Per migliorare i rapporti tra produttori e industria, il ministro fa l’esempio dei contratti di filiera per il grano. “E’ una scommessa condivisa tra coltivatori e imprese. I contadini garantiscono cereali di maggiore dualità. Le aziende il ritiro del raccolto e il prezzo con accordi pluriennali. Noi mettiamo 100 euro di aiuti all’ettaro e i controlli. In più vogliamo lanciare per primi in Europa un’assicurazione per coprire i ricavi dei campi proteggendoli dalle fluttuazioni dei prezzi”.

 

“Questa rivoluzione – evidenzia – può partire proprio dai piccoli. Io chiedo ai nostri produttori di aggregarsi. Si può essere piccoli e globali. Pensi alle mele del Trentino: 15mila piccoli produttori indipendenti che fanno rete e oggi controllano assieme il 70% del mercato nazionale e hanno una leadership mondiale. Sono la prova che soprattutto in agricoltura si può essere glocal”.

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