Caro direttore, siamo immersi in un tempo che sembra davvero dominato dall’intolleranza e dall’odio. Quando la ministra Lamorgese parla, come ha fatto ieri su queste pagine, di una vera e propria «emergenza culturale e civile», non esagera.
È un’onda cupa, quella che avanza, che investe le prime sentinelle deí principi di libertà e democrazia sanciti dalla nostra Costituzione: i giornalisti. Se accade che vengano recapitate lettere intimidatorie a uno dei simboli del giornalismo italiano, l’allarme dovrebbe essere ancora più grande rispetto a quello che c’è stato.
Tutti dovrebbero rendersi conto che quando si colpisce Eugenio Scalfari, si colpisce la libertà d’informazione. E le minacce inviate a lei, direttore, e al vostro Paolo Berizzi, sono solo i più recenti e gravissimi casi. Nei quasi cinque mesi della mia esperienza di governo, non c’è stato praticamente giorno in cui non sia arrivata la segnalazione di un operatore dell’informazione vittima di un’intimidazione, di una minaccia, come, ancora l’altro giorno, a Bari ai danni della troupe del Tgr Rai della Puglia.
Di fronte al ripetersi di casi come questi la solidarietà serve, è importante. Ma non basta, non è più sufficiente. Ecco perché già lo scorso novembre ho chiesto alla ministra dell’Interno di riattivare, come è stato tempestivamente fatto, il Centro di coordinamento dell’attività di analisi e scambio di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, così da rafforzare la rete di protezione e le tutele per chi fa informazione.
Ed ecco anche la decisione, che ho assunto, di ricostituire la Commissione per l’equo compenso, perché, i giornalisti, per essere davvero liberi devono veder riconosciuti i propri diritti ed essere retribuiti come meritano.
Servono azioni concrete. E insieme è fondamentale portare avanti una diffusa opera di sensibilizzazione rivolta in particolare ai più giovani, da coinvolgere in una battaglia culturale contro ogni forma di discriminazione e di intolleranza.
Contro la violenza verbale online, che è un serbatoio continuamente alimentato e sempre pronto atraboccare. Per questo il Governo, dopo la nomina della coordinatrice nazionale della lotta contro l’antisemitismo, ha istituito anche un gruppo di lavoro di studiosi ed esperti per contrastare l’hate speech, il discorso che fomenta l’odio, particolarmente velenoso quando poggia in maniera perversa sullefake news.
E a questo proposito, non posso fare a meno di dire che la politica per prima dovrebbe imporsi delle regole di comportamento, stabilendo dei confini da non oltrepassare mai. Il libero confronto delle idee, persino lo scontro aperto e trasparente, non può avere nulla a che fare con l’insulto, con la trasformazione dell’avversario in un nemico da annientare.
Serve responsabilità. Serve amore per la democrazia, che è un bene delicato e prezioso.
Credo davvero che sia arrivato il momento di dar vita ad un “patto” civico e culturale per tutelare chi di fatto rappresenta un pilastro della nostra democrazia, che poggia necessariamente sul pluralismo, sull’indipendenza e sulla libertà dell’informazione.
È proprio questa, la buona informazione, l’arma migliore che abbiamo per rispondere all`emergenza dell’odio. Sconfiggerlo, invertire la rotta e far sì che non diventi questa la cultura dominante nel nostro Paese, è il compito che il Governo sente su di sé e per cui spenderà le sue migliori energie.