«Questa emergenza ci ha insegnato che ognuno deve fare il proprio mestiere. Degli ammalati devono occuparsi i medici e dell’informazione i giornalisti». Andrea Martella, sottosegretario all’Editoria del governo Conte, traccia un primo bilancio di come l’«uragano» Coronavirus abbia cambiato negli italiani la percezione del sistema dell`informazione. Che oggi fa i conti con le conseguenze della probabile recessione ma anche con un’autorevolezza ritrovata.
Sottosegretario, come giudica l’atteggiamento dei media?
«In maniera positiva. Un’informazione affidabile costituisce una parte fondamentale della lotta al virus. Non è un caso se in questi giorni siano aumentati i contatti dei principali portali di news e si vendano i quotidiani in edicola. Il giornalismo serio e attendibile costituisce un antidoto alle fake news che minano la vita democratica già in condizioni normali, figurarsi in emergenza. E quanto emerge in queste ore, purtroppo, conferma l’entità del pericolo».
A cosa si riferisce?
«Per esempio alla falsa notizia dell’esistenza di un farmaco miracoloso proveniente dalla Russia contro il coronavirus. Come afferma un rapporto dello European External Action Service, l’agenzia diplomatica dell’Unione Europea, questa falsità rischia di destabilizzare i Paesi europei e rendere più complicata la gestione dell’epidemia. Si conferma dunque che le fake news sono temibilissime: creano disordine sociale, paura, incertezza. Insistere sulla consapevolezza critica dell’opinione pubblica, invitando a fare riferimento esclusivamente a siti istituzionali e a testate giornalistiche accreditate».
Ovviamente non è tutto rose e fiori. Il «lockdown» del Paese ha causato un crollo degli investimenti pubblicitari e impoverito l’editoria.
«Ed è per questo che nel Dl Cura Italia abbiamo inserito un credito d’imposta del 30% per tutti gli investimenti pubblicitari del 2020, mentre in passato questo avveniva solo per quelli “incrementali”. Senza dimenticare il lavoro fatto per gli altri attori della filiera, a partire dalle edicole che hanno visto passare da 2.000 a 4.000 euro il loro credito d’imposta per quanto riguarda le spese di tassazione locale, canoni d’affitto, consegna a domicilio e altro. Quattromila euro che sono stati estesi, sempre sotto forma di credito d’imposta, anche alle imprese distributrici che raggiungono i piccoli comuni. Questo impegno del governo si concretizza in un dato: oggi l’85% delle edicole del territorio nazionale è rimasto aperto. Ed è un segnale importante. Perché sono dei presidi di democrazia».
L’iter del Dl Cura Italia è stato travagliato. Neanche in questo contesto di emergenza la maggioranza è riuscita a compattarsi?
«Non è così. Va tenuto presente che nel giro di pochi giorni è stata licenziata una vera e propria finanziaria da 25 miliardi, in grado di attivare una leva economica per 350 miliardi totali. Ed è solo un primo passo, visto che un altro decreto arriverà ad aprile. È chiaro che un provvedimento del genere richiede una scrittura importante e laboriosa. A mio avviso è prevalso lo spirito di unità . E chi nella maggioranza ha inseguito qualche distinguo certamente non è stato apprezzato dall’opinione pubblica, che si è “alleata” trasversalmente contro il virus. Anche l`opposizione, in verità , dovrebbe cambiare atteggiamento».
C’è il divieto di critica al governo Conte?
«Assolutamente no, si figuri se io posso auspicare una cosa del genere. Bene la critica, bene il confronto con le opposizioni. E, d’altronde, l’esecutivo prima di varare il Cura Italia si è consultato con tutte le forze politiche, con le Regioni e con le parti sociali. Altra cosa, però, sono le polemiche, e questa epidemia, anzi, ci insegna altro».
Cosa?
«Per anni si è assistito a una propaganda contro le tasse. Eppure oggi le persone si rendono conto che, proprio grazie alle tasse, possono usufruire di quella sanità pubblica e gratuita che, con un’emergenza del genere, si è rivelata fondamentale».
Si aspettava più supporto all’Italia dalle istituzioni europee?
«Di certo il nostro governo sta mettendo in campo il massimo possibile dal punto di vista sanitario, economico e sociale. Il famoso “whatever” di draghiana memoria. Mi aspetto che l’Europa faccia lo stesso. Questo è per l’Unione il momento di rifondarsi e rinascere. La Bce deve fare la sua parte, mi aspetto che vengano immessi nel sistema centinaia di miliardi e uno strumento appropriato potrebbe essere quello degli Eurobond».
Il Parlamento si interroga sull’opportunità di chiudere i battenti per non mettere a repentaglio la salute degli eletti. Che ne pensa?
«Il Parlamento è il cuore della democrazia e non si può fermare. Bisogna fare in modo di rispettare le prescrizioni sanitarie e gli uffici di presidenza valuteranno come assicurarlo. Ma non deve esserci alcuna limitazione all’attività legislativa».