Andrea Marcucci, presidente dei senatori del Pd, reggerà il muro che avete eretto contro la proposta di un contratto di governo avanzata da Di Maio? Lei per primo l’ha definita “irricevibile” e ha chiarito che mai il Pd sosterrà un premier come Di Maio o Salvini…
«Solo gli ingenui possono considerare seria la proposta di Di Maio. Mettiamo in fila gli eventi: sin dal primo giorno di legislatura M5s ha mostrato un accordo granitico con Lega e Fi, al punto da spartirsi senza colpo ferire tutte le cariche parlamentari, senza farsi scrupolo di togliere al Pd anche quanto gli spettava per prassi democratica. Ora Di Maio dice che vuole parlare con noi, ma lo fa solo per usare il nostro prevedibile “no” come pretesto per tornare tra le braccia di Berlusconi. Sa che la sua base storce il naso, e allora ha bisogno di un alibi per dire “beh, vedete, siamo costretti a farlo perché il Pd non vuole parlarci”. Prassi da Prima Repubblica che il giovane leader pentastellato sembra conoscere a meraviglia».
Il punto è: perché il vostro no è inevitabile?
«Io mi limito ad una osservazione semplice e lineare: chi ha vinto le elezioni ha il diritto dovere, nei modi che verranno giudicati più opportuni, di formare una maggioranza di governo. Il Pd fa un ragionamento direi quasi banale: non possiamo stringere accordi con leader e partiti che attentano ai conti pubblici o vogliono eliminare le riforme che abbiamo fatto negli ultimi anni. Salvini e Di Maio portano avanti legittimamente programmi antitetici a quelli del Pd. Ci sono altri nomi e altri programmi? Io non ne sono a conoscenza. Se e quando verranno fuori, valuteremo. A volte non capisco cosa scandalizzi della nostra posizione».
Quindi la condizione del Pd per parlare con M5s è: un altro premier e un altro programma…
«Di Maio o un altro esponente della Casaleggio associati, non farebbe alcuna differenza. Per noi è irricevibile la proposta strumentale di M5s. Per loro è irricevibile la sola ipotesi di mettersi a ragionare su un impianto di governo che rinunci a toni e misure populistiche, che faccia evidenti e pubblici passi indietro rispetto al libro dei sogni presentato in campagna elettorale. Di cosa parliamo quindi?».
Eppure c’è chi sospetta che alla fine i renziani opteranno per un governo di centrodestra. È così?
«Intanto giudico riduttivo ed improprio il termine renziani, le scelte attengono al Pd. Le posso assicurare che non sento tra i miei colleghi alcuna simpatia per un centrodestra a trazione leghista. Il “no” che diciamo a Di Maio premier ha la stessa consistenza politica del “no” che diciamo a Salvini premier».
Va però messo in conto che la “bomba” sganciata da Di Maio possa ampliare le vostre divisioni interne…
«Non c’è nessun esponente del Pd, fatta esclusione di Emiliano, che sostenga l’idea di un rapporto con il M5S. Le assicuro che su questo argomento il Pd ha ed avrà una posizione granitica».
Quindi, voi entrereste in gioco per il governo solo nell’ipotesi di un “esecutivo di tutti”. Cosa si intende con questa formula? Come la spiegherete a Mattarella?
«Il Pd non deve spiegare nulla a Mattarella, e non c’è al momento alcuna preferenza per un modello o per un altro. Né tocca a noi indicare nome e identikit del futuro premier. Le formule e le valutazioni spettano tutte esclusivamente al capo dello Stato. Sarà lui a trovare il bandolo della matassa, siamo fiduciosi».
Non teme che questo gioco di veti incrociati porti al voto?
«Il Pd non ha paura di nulla, nemmeno di un voto che certificherebbe l’incapacità dei leader di Lega e M5s di assumersi le proprie responsabilità».
Insisto: nel vostro programma avevate 100 proposte. Su diverse di esse, centrodestra e M5s non sono lontanissimi, pensiamo ad esempio alla famiglia. Almeno su singoli temi, non sarebbe più utile al Paese rinunciare al “no”?
«Alcuni editorialisti hanno definito la nostra opposizione come l’Aventino. Il Pd non si ritirerà dalle Aule parlamentari e non andrà, come altri hanno fatto, sui tetti. La nostra sarà un’opposizione responsabile e le dico subito che giudicheremo i provvedimenti del nuovo esecutivo senza pregiudizi, sulla famiglia e non solo, pronti a riconoscerne il merito anche con il voto favorevole».
Uno dei primi test per voi saranno i vitalizi, sia alla Camera che al Senato. Che posizione assumerete?
«I vitalizi non esistono più. Per quelli del passato, c’è un ddl a firma Matteo Richetti: superati alcuni rilievi di costituzionalità, sarà sicuramente il punto di partenza del Pd. Vede, Di Maio ha fatto la grancassa perché gli eletti M5S negli uffici di presidenza di Camera e Senato hanno rinunciato all’indennità aggiuntiva. La stessa scelta che io feci nel 2013, una volta eletto presidente della commissione Cultura, e come me tanti altri presidenti del Pd. Questo per dirle che sulla riduzione dei costi della politica non prendiamo lezioni da Di Maio. Piuttosto staremo attenti a segnalare i tagli alla democrazia che M5s sta pericolosamente operando con i suoi regolamenti interni che riconducono tutto al capo politico».