«C’è un’evidente marcia indietro negata fino all’ultimo sui numeri, il rischio di esercizio provvisorio ma soprattutto lo stravolgimento di una Finanziaria già sbilanciata sui sussidi: ci saranno più tasse, meno sgravi fiscali, meno investimenti, il quasi dimezzamento dei fondi per reddito di cittadinanza e pensioni».
Luigi Marattin, capogruppo Pd in Commissione Bilancio, è estremamente critico sulla manovra ma dice che il Pd «non farà ostruzionismo» contro l’approvazione entro la fine dell’anno.
E perché?
«Per senso si responsabilità. Ma questo non ci impedirà di denunciare quel che sta accadendo».
Ovvero?
«Si tratta della prima legge di bilancio che le Camere non potranno discutere. Siamo al limite della violazione costituzionale».
Purtroppo non è una novità: la compressione dei tempi parlamentari è la normalità da anni. Non è così?
«Lei dice? Mai visto un governo che riscrive la manovra il 19 dicembre e chiede di approvarla in via definitiva otto giorni dopo da parte di entrambi i rami del Parlamento. Direi che non esiste alcun precedente nella storia repubblicana».
Non è comunque rassicurante il fatto che il deficittorni a livelli sostenibili?
«Ciò che è incredibile nell’atteggiamento del governo non è il punto di arrivo, ma
quello di partenza. Avevano detto che il saldo della manovra non sarebbe mai sceso al due per cento. Abbiamo perso due mesi per tornare ai numeri da cui erano partiti. Siamo in presenza di timonieri confusi che non sanno dove far approdare la barca».