Sottosegretario Sandro Gozi, sulla Brexit lei ha sempre detto che l’importante è limitare l’incertezza. Dopo il discorso di Theresa May sembra chiaro che il percorso si chiuderà non prima del 2021. Non rischiamo di aumentarla l’incertezza?
«Non direi. Il primo ministro ha ricordato più volte il suo discorso di inizio anno alla Lancaster House. Ma poi in realtà è andata ben oltre, avvicinandosi alle posizioni che noi avevamo auspicato, anche sui diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito».
Ha detto «Restate, siete preziosi». Un po’ vago.
«Ha detto anche che i giudici britannici, in caso di contenzioso sui diritti dei cittadini europei, dovranno fare riferimento alle decisioni della Corte di giustizia dell’Ue. E una garanzia importante».
Sarebbe difficile sostenere il contrario. Ma l’Italia chiede cose più concrete per i 600 mila italiani che vivono lì.
«Certo. La nostra richiesta è che il passaggio dalla residenza permanente, che hanno oggi, a quella definitiva avvenga in modo automatico, senza discrezionalità. E che si possano garantire in futuro i ricongiungimenti familiari».
Sarà accolta?
«Il negoziato sarà lungo. Ma ci sono buone probabilità».
E per gli italiani che si trasferiranno dopo la Brexit?
«Su questo punto l’accordo è tutto da costruire. È chiaro che se, dopo la Brexit, tra l’Unione europea e e la Gran Bretagna ci sarà un partenariato stretto, i cittadini europei dovranno avere uno status particolare. Ma è troppo presto per parlarne».
Al di là degli aspetti che riguardano direttamente gli italiani, non le sembra che Theresa May esca un po’ ridimensionata?
«Mi è sembrato un discorso ragionevole, realistico. Ha preso atto dei tre punti che per l’Unione Europea sono imprescindibili. E cioè, oltre ai diritti dei cittadini, i confini irlandesi e gli obblighi finanziari».
Ma fino a quando Londra dovrà dare il suo contributo al bilancio di Bruxelles?
«La questione va discussa insieme ai 27 Stati membri. Ma la programmazione dei fondi europei copre il periodo 2014-2020, con la possibilità di arrivare al 2023. L’orizzonte è quello ma molto dipende da come sarà disegnato il periodo di transizione, da quanto sarà basato sul mercato interno e sull’unione doganale».
E sulla sicurezza? Ci sarà meno cooperazione, è un rischio anche per noi.
«Qui siamo al paradosso positivo. Dopo la Brexit Londra mi sembra molto più aperta sulla cooperazione contro il terrorismo e sulla difesa di quanto era prima della Brexit. Capiscono che isolarsi troppo sarebbe un errore storico».
Ma la Brexit è irreversibile oppure no?
«C’è stata una decisione democratica e un’eventuale inversione di rotta dovrebbe essere basata su una nuova decisione democratica. Oggi mi pare difficile ma in futuro non si può escludere nulla. Com’è che diceva John Lennon in Imagine? Io sono un sognatore ma non sono l’unico».
Senta sottosegretario, ma perché proprio Firenze?
«Perché Firenze vuol dire Rinascimento. Theresa May ha voluto dire esco dall’Unione europea ma non giro le spalle agli europei. E sono stato molto contento del fatto che il sindaco di Firenze abbia addobbato Palazzo Vecchio con tante bandiere europee».
Matteo Renzi la bandiera europea l’aveva tolta dal suo ufficio, lo ricorderà.
«Ma oggi anche lui avrebbe apprezzato. E lo avrebbe fatto anche lui. Ne ho proprio l’assoluta certezza».