“Non abbiamo missioni militari in Libia. Se le avremo saranno autorizzate dal Parlamento”. Così il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in un’intervista al Corriere della Sera in cui annuncia: “Presto l’Italia potrebbe riaprire la sua ambasciata a Tripoli, chiusa nel febbraio 2015. Il nostro governo ha nominato ambasciatore Giuseppe Perrone”.
A Serraj “l’Italia sta per dare moltissimo, e su piani diversi. Spero che la riapertura dell’ambasciata, appena verificate le condizioni di sicurezza, sia il sigillo a un grande sforzo di cooperazione”, afferma Gentiloni.
“Il nostro impegno non deve stupire: contribuire a stabilizzare la Libia è una priorità nazionale, dalla sicurezza all’immigrazione”.
“Sul piano militare stiamo fornendo alle operazioni antiterrorismo un sostegno logistico”, spiega Gentiloni. “Se ci saranno richieste ulteriori attività di addestramento della guardia presidenziale e di sostegno alla guardia costiera, le valuteremo”.
“Oltre ad avere risvolti militari e umanitari – aggiunge il ministro – la collaborazione ne ha di economici e anche culturali”. Sulla posizione dell’Egitto, “il Paese comprensibilmente considera quella libica una questione di sicurezza nazionale, avendo lunghi confini in comune. Mi auguro che queste preoccupazioni legittime non si tradurranno in una tentazione a dividere la Libia in due”, dichiara Gentiloni, secondo cui “sarebbe una minaccia per l’Italia, una tragedia per la Libia e un grosso errore per l’Egitto”.
Guardando alla Turchia, “l’Europa deve essere ferma sui principi di condanna delle violazioni di diritti. Allo stesso tempo cerchiamo di non perdere di vista i nostri interessi nazionali tra i quali c’è, se possibile, mantenere il filo dei rapporti con la Turchia”.
Il ministro si dice quindi “un po’ preoccupato e scandalizzato dalla sensazione che la questione emigrazione sparisca dall’agenda di Bruxelles. Se qualche Paese pensa che il problema riguardi solo Grecia e Italia, sentendosi magari al sicuro all’ombra di muretti di confine appena costruiti, si sbaglia”.