Nessun blocco navale, soltanto «la prosecuzione di Mare sicuro in acque libiche». Lo assicura il sottosegretario agli Esteri Enzo Amendola, deputato del Partito democratico, nel giorno del via libera del governo alla missione.
«I tempi per la stabilizzazione della Libia sono medio-lunghi, quelli per risolvere la piaga del traffico di esseri umani sono assai più stretti ricorda e dalla necessità di avvicinare queste due esigenze nasce l’operazione».
Amendola, le precisazioni di Serraj sulle modalità della missione italiana complicano il quadro?
«Ma no, il sostegno è stato richiesto con una lettera del governo e ribadito anche oggi. Gli interventi di Serraj e del loro ministero degli Esteri rispondono solo ad alcuni toni errati usati dalla stampa. È chiaro che la loro sovranità nazionale non può essere in discussione».
Dall’opposizione, Berlusconi sostiene che non fate altro che copiare l’idea del blocco navale proposto dal centrodestra tempo fa. E’ così o il leader di Forza Italia si sbaglia?
«Premessa: mi auguro che ci sia il sostegno dell’opposizione di tutta l’opposizione alle iniziative che portiamo avanti in quell’area. Ma, a scanso di equivoci, vorrei precisare che la formula “blocco navale”, senza una risoluzione dell’Onu, è considerato un atto di guerra. Pensare poi di farlo su 1770 km di costa è irrealistico anche dal punto di vista operativo. Nessun blocco navale, insomma, ma solo “Mare sicuro” dentro le acque libiche».
Auspica dunque una sorta di unità nazionale?
«Guardi, l’attenzione internazionale è totale. Stiamo sperimentando un nuovo modello, fatto di accoglienza, gestione dei flussi e stabilizzazione di un Paese. Fronteggiamo quella che può sembrare una tempesta perfetta, per questo l’unità nazionale serve innanzitutto all’Italia».
Che cosa accade in caso di aggressioni armate da parte degli scafisti?
«I libici non chiedono a noi di operare sul campo della deterrenza, vogliono innalzarne il livello di deterrenza con la loro Guardia costiera, ricostituita solo pochi mesi fa anche grazie al nostro aiuto. Il loro obiettivo è fare da soli, ma per riuscirci ci hanno chiesto in questa fase di sostenerli dal punto di vista logistico».
È questa la soluzione definitiva all’emergenza migranti?
«Non la metterei così, perché il modello è complesso: penso ad esempio agli investimenti necessari per stabilizzare la zona del Sahel, o alla necessità di rendere i sindaci della costa liberi dall’economia di questo nuovo schiavismo. Non esiste una ricetta unica, ma certo questo è un tassello importante».