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Pittella: la lettera Ue all’Italia è una procedura rituale. I conti non rischiano, le regole sì

«Lo so che non bisogna usare le frasi fatte, però stavolta ci vuole proprio: questa storia della lettera di Bruxelles è la classica tempesta in un bicchiere d’acqua». Gianni Pittella è il capogruppo della sinistra al Parlamento europeo, organo di cui è stato anche vice presidente vicario.

 

Una tempesta in un bicchiere d’acqua? Bruxelles fa le sue osservazioni sul debito troppo alto, sulle coperture una tantum.
«Ma è una semplice richiesta di chiarimenti, per altro fatta non solo a noi ma a diversi Stati membri. La commissione chiede spiegazioni, il governo darà queste spiegazioni. E vedrete che alla fine non modificheremo una virgola dall’impianto della legge di Bilancio».

 

Ma se alla fine Bruxelles ci dovesse chiedere di togliere o limare le coperture una tantum, non rischiano di saltare i conti della manovra?
«Ma no. È fisiologico che ci sia una interlocuzione fra il nostro governo e la commissione. Ci saranno incontri, spiegazioni. Guardate che va così ogni anno».

E i dubbi sul piano per la messa in sicurezza anti-sismica delle case? Andremo allo scontro?
«Non avremo problemi. Non si può dire a uno, guarda la tua casa non può essere messa in sicurezza perché c’è quella regoletta a Bruxelles».

 

Il debito pubblico, però, è un problema vero. Doveva scendere ma continua a salire: non è che rischiamo una procedura d’infrazione?
«Ecco, proprio il debito. Questa è una manovra orientata alla crescita e se si vuole far scendere il debito pubblico bisogna stimolare la crescita. Questo lo capisce persino un bambino delle elementari».

 

Ma in Europa non tutti sono d’accordo.
«Sì va bene, c’è qualche rigorista incallito che non ha ancora seppellito l’ascia di guerra. Ma per fortuna c’è Juncker, un presidente politico, non un burocrate alla Barroso, che era solo l’esecutore materiale dell’austerità».

 

Ma è vero che in Europa anche i falchi sono meno severi con l’Italia perché sostengono il governo Renzi in vista del referendum di dicembre?
«Non abbiamo bisogno di sostegni esterni. Il referendum lo vinceremo perché la riforma costituzionale è giusta e gli italiani sono d’accordo. Se i falchi sono un po’ meno falchi è perché hanno capito che bisogna salvare non l’Italia ma l’Europa».

 

Perché l’Europa?
«In questi anni di crisi il debito aggregato dell’Europa è cresciuto, sono diminuiti i posti di lavoro. C’è stata una decimazione delle imprese mentre il malessere sociale ha fatto crescere i movimenti anti sistema. E allora noi le regole le rispettiamo, perché siamo abbondantemente sotto il 3% nel rapporto deficit/Pil. Ma presto queste regole andranno cambiate».

 

Di modifica al fiscal compact si parla da tempo. Ma non è solo campagna elettorale?
«Vedrete. Tra qualche mese l’Unione Europea compie 60 anni. Sarebbe un bel regalo di compleanno per rilanciare il suo futuro».

Dal sito di Gianni Pittella,presidente del Gruppo S&D.

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