«Oggi c’è una ripresa evidente di manifestazioni di odio e intolleranza. Non credo che basti il Fontana di turno per cambiare una legge indispensabile». Così l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino difende le norme che portano il suo nome ma che, precisa, «furono approvate a larghissima maggioranza».
Perché decideste di intervenire?
«C’erano numerosi segnali negativi. Era un periodo nel quale la propaganda violenta si alimentava anche di motivazioni basate sulla presunta superiorità di una razza sulle altre».
Crede che si tratti di una legge ancora utile?
«Direi fondamentale. E infatti qualche anno fa ci sono stati alcuni ritocchi proprio per renderla ulteriormente efficace e in linea con i tempi che stiamo vivendo».
Molti, anche la Lega, ritengono che sia una legge liberticida.
«La destra l’ha sempre osteggiata e dunque non mi stupisco di questa critica, ma chi parla in questo modo dovrebbe riflettere sulle conseguenze di una eventuale abolizione».
A che cosa pensa?
«Al di là delle conseguenze che potrebbero esserci rispetto alle forme di razzismo strisciante e ad una certa recrudescenza di idee suprematiste, penso al mondo di internet. A tutti i proclami di odio che vengono propagati grazie ai social network».
Il ministro Fontana dice che questa legge penalizza la libertà di opinione.
«Esistono limiti costituzionali anche rispetto alla libertà di pensiero. Per fortuna c’è stato qualcuno all’interno del governo che se ne è reso conto».
Si riferisce al premier Giuseppe Conte?
«A lui e non solo. All’epoca del varo io fui attaccato pesantemente. Adesso prendo atto che c’è stata una giusta presa di posizione contraria e credo sarebbe grave dividersi su un tema delicato come questo».