1. Non è una fiaba
Per commentare questa settimana ho scelto un’immagine che mi sembra potente. Lui si chiama Hope, lei si chiama Anja. Sono ritratti in una posa analoga a distanza di un anno.
Il bambino era stato nei fatti condannato a morte dalla sua stessa famiglia, sospettato di stregoneria. Quella mano amica non gli ha dato solo da bere: gli ha dato la vita. E un anno dopo quel bambino va a scuola.
Per me questa immagine è l’immagine della vittoria della speranza contro il pregiudizio. È l’immagine della solidarietà contro l’odio. Dell’incontro contro la paura. Della vita contro la morte.
Sono ore difficili a livello internazionale. Crescono le tensioni e si rafforzano quelle forze politiche che giocano sull’onda della paura (sarà interessante capire cosa accadrà in Francia anche alla luce della sfida lanciata dal nostro amico Macron, ne parleremo in una delle prossime enews). Mi piace l’idea di aprire questa settimana con questa foto. E di augurare al popolo delle enews una buona settimana con questa immagine, non con quella di un muro, non con quella di uno scontro. Non significa che i buoni vincono sempre, ma significa che ciascuno di noi può provare a fare qualcosa. Il grande Chesterton diceva “Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi”.
Questa storia non è una fiaba, mi piace condividerla e augurarvi così buona settimana!
2. Le polemiche nel PD
Mi spiace che queste ore siano segnate anche da polemiche interne dentro il PD. Voi direte: “Matteo, dov’è la novità? Sono ormai mesi segnati da polemiche interne dentro il PD”. È vero. Ma sicuramente crea un certo stridore vedere che nel mondo si discute di Trump ed Europa, da noi invece la polemica è legata alla consueta battaglia interna su questioni appassionanti (forse) solo per i diretti interessati.
Le cose stanno più o meno così: dopo il referendum di dicembre, proponiamo il congresso. Ci viene detto di No: “Meglio evitare la conta, altrimenti sarà una rissa”. E sicuramente ve lo ricordate: alcuni di noi – a cominciare dall’elegante Giachetti – non gradiscono questa posizione. Ma noi accettiamo in nome della pace interna e manteniamo la scadenza congressuale per il dicembre 2017 come previsto dallo Statuto. Venti giorni dopo, colpo di scena, ci viene chiesto di fare primarie per “rendere contendibile la linea del partito”, altrimenti sarà scissione. Scissione? E perchè mai? Uno si domanda come si possa cambiare idea in venti giorni. Ma in nome della pace interna accettiamo anche le primarie. Quando diciamo di sì, ci viene comunicato – rigorosamente via interviste e via talk-show – che non bastano neanche le primarie.
È abbastanza difficile orientarsi in questo labirinto di polemiche per gli addetti ai lavori, figuriamoci per un cittadino fuori dai giochi della politica. Penso che chi vota PD non meriti questa polemica continua, le minacce di scissione, la lotta costante di chi ogni giorno spara ad alzo zero. Ma penso anche (lo dico a molti di voi che mi scrivono scandalizzati in queste ore e vi sono grato per il vostro affetto) che la migliore risposta non sia la rabbia, ma un sorriso: chi conosce come sono andate le cose non può arrabbiarsi per queste faccende. Torniamo a sorridere, amici: arriverà il giorno in cui ci misureremo sulle proposte e lì le polemiche improvvisamente spariranno.
Siamo pronti a qualsiasi confronto pubblico e democratico che sia rispettoso delle regole e dello Statuto interno. Accettare le regole e il risultato di un congresso o delle primarie è il primo passo per rispettare una comunità; e come ci insegna la storia anche recente, non sempre è accaduto.
Di tutto questo discuteremo lunedì 13 febbraio nella direzione già convocata. Ho chiesto alla presidenza del partito di allargare gli inviti anche a tutti i parlamentari e tutti i segretari provinciali. Almeno ci parliamo chiaramente, in faccia, di tutto. Rigorosamente in streaming, sia chiaro. Ma fino ad allora occupiamoci dei problemi veri, non delle risse interne.
3. Lo stadio? E fàmolo!
Giorni di grande sport in tutto il mondo. Stanotte una finale mozzafiato del Super Bowl – cui anche il Papa ha fatto arrivare il messaggio! – con il trionfo di Tom Brady e compagni. Ieri la vittoria del Camerun del CT Hugo Broos: incredibile la sua storia, ha iniziato la sua avventura con il Camerun rispondendo ad un annuncio su internet, poi ha incassato il rifiuto dei calciatori più famosi che hanno rinunciato alla convocazione e alla fine ha portato la sua squadra alla vittoria. Domenica scorsa un match Federer-Nadal che entrerà nella storia del tennis anche per chi come noi ha il ricordo (sfuocato, io ero piccolo) dei grandi scontri a Wimbledon tra Borg e McEnroe. Lo sport è questo: passione, rivincita, eroismo, personalità. Forse per questo parla al cuore di molti di noi. Ma lo sport ha bisogno di essere accompagnato e aiutato. E per questo mi hanno colpito le parole di un grande allenatore come Luciano Spalletti. Devo confessare che ho seguito le dichiarazioni di Spalletti molto teso: domani all’Olimpico c’è Roma-Fiorentina e il mister giallorosso è per noi un pericolo pubblico, visti i risultati anche recenti. Ma al netto del tifo, Spalletti ha lanciato un appello alla realizzazione degli stadi di proprietà, proprio nella settimana in cui la Roma vede incomprensibilmente allontanarsi il proprio progetto urbanistico. Non è solo un fatto economico per il territorio (posti di lavoro e indotto), ma soprattutto un fattore di crescita e competitività per tutto il mondo sportivo italiano. Dobbiamo fare degli stadi luoghi accoglienti e ospitali per le famiglie e anche vendere i diritti televisivi in Cina, amici. Solo così torneremo ad avere il campionato più bello del mondo.
Se si dice no a tutto, come accade in qualche città, si blocca il futuro. Si bloccano gli investimenti. E ci si condanna a vivere di rimpianti.
Pensierino della sera. Sono molto felice che in Italia il garantismo sia tornato di moda anche in ambienti che ne sembravano distanti. Per esempio leggo giornali vicini al Movimento Cinque Stelle che ci spiegano la differenza tra un avviso di garanzia e una sentenza di colpevolezza: è un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per l’universo pentastellato. Addirittura da qualche giorno ci sono talk ed editoriali su testate sorprendenti che ci spiegano come sia normale intestare polizza vita all’insaputa del destinatario. Ho letto uno dire: “Chi di noi non ha mai intestato a un amico una polizza vita?” Non so voi, io no: forse sono un po’ fuori dal tempo. Bene così, comunque. Noi garantisti siamo contenti della svolta. Un pensiero di umana solidarietà al povero sindaco Pizzarotti di Parma, espulso per molto meno dal blog. E un abbraccio affettuoso a chi pensa che dentro Cinque Stelle uno valga davvero uno. Viva il garantismo, sempre. E viva la presunzione di innocenza, sempre. Quanto al sindaco di Roma: buon lavoro. I cittadini la misureranno sui risultati. Ecco, i risultati.
Un sorriso,
Matteo
blog.matteorenzi.it
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