“È notizia di queste ore l’ipotesi della riapertura del concordato fiscale. Con importanti ministri ed esponenti della maggioranza che addirittura salutano questa decisione con entusiasmo. Noi pensiamo, e lo denunciamo da tempo, che il concordato, da cui dovevano essere ricavate risorse anche per la manovra di bilancio, sia un fallimento totale. E l’eventuale riapertura dei termini di scadenza sarebbe l’ammissione del fatto che questo governo sta raschiando il barile e non sapendo dove trovare i soldi prova a rilanciare una sorta di ricatto ad autonomi e partite Iva che non hanno accettato il principio secondo il quale chi non ci sta sarà quasi sicuramente controllato”. Lo dichiara il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia. “Perché è evidente – spiega – che la scarsa adesione è il risultato di una valutazione di convenienza: chi sa di avere un reddito più alto aderisce, così pagherà sicuramente meno tasse o chi ha addirittura due soggetti d’impresa trasferisce il fatturato da uno a quello che ha aderito al concordato eludendo il fisco con il permesso della stessa amministrazione fiscale”.
“Con la riapertura dei termini siamo di fronte alla resa di un’idea di fisco equo. La destra doveva fare la riforma del fisco e invece continua a utilizzare la leva fiscale come fosse una clava contro i contribuenti perbene e onesti e per raccattare risorse nel breve solo utili alla propaganda”, conclude Boccia.
Che il concordato preventivo biennale sia un clamoroso flop lo denuncia da tempo l’intero Pd. La responsabile lavoro del Pd, Cecilia Guerra, aveva già messo in fila i dati. Sarebbe stato necessario che aderisse entro il 31 ottobre, un numero molto elevato di contribuenti dichiarando più di quello che avrebbero fatto, per coprire le minori imposte pagate “da loro stessi grazie al forte sconto di aliquote; le minori imposte che pagano tutti quei contribuenti che aderiscono al concordato per potere dichiarare un reddito più basso di quello che avrebbero altrimenti dichiarato; le minori imposte che pagano tutti i contribuenti che aderiscono al concordato preventivo, facendo contestualmente emergere l‘evasione degli anni passati, con una sanatoria da vero saldo di fine stagione. Un saldo, però, che nelle stime del Governo può fare perdere all’erario fino a 781 milioni di euro”, sottolineava Guerra.
Insieme a questo, l’aspetto ancora più inaccettabile è “una resa indecorosa nei confronti dell’evasione che avrà come unico esito quello di spingere all’inaffidabilità anche i contribuenti che oggi sono considerati affidabili”, per usare ancora le parole di Cecilia Guerra. L’unico risultato di questa politica sarà rendere ancora più iniquo e irrazionale il sistema fiscale, denuncia Antonio Misiani, responsabile economia della segreteria del Partito democratico, ancora una volta a danno dei contribuenti che continuano a fare il proprio dovere.
In questo panormana confuso oltreché fallimentare, si inserisce anche lo sciopero dei commercialisti, che avversano la mancata proroga del concordato preventivo, dimostrando, secondo il capogruppo democratico nella commissione Finanze della Camera, Virginio Merola, “tutta l’incapacità del governo”. Secondo quanto denuncia Merola, “Tra sanatorie e ravvedimenti si complicano tecnicamente gli adempimenti e soprattutto si aggiunge incertezza e confusione. Il dato di fondo è che invece di aumentare i controlli e mettere in grado l’agenzia delle entrate di poterlo fare (mancano migliaia di dipendenti nell’agenzia) si continua a provare a incentivare una adesione al concordato che è sempre più un aiuto a evadere. Aderire evadendo, senza essere più controllati, questo è il messaggio”.