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Istat – Il mercato del lavoro

Allo scopo di supportare valutazioni sulle differenze che si osservano a livello territoriale, in questo comunicato vengono diffusi i dati provinciali sull’offerta di lavoro riferiti alla media annua 2015 e per la prima volta anche quelli dei grandi comuni. Nel complesso, l’incremento dell’occupazione nell’ultimo anno risulta diffuso sul territorio ed è più accentuato nel Mezzogiorno, ripartizione che nel corso della crisi ha registrato le perdite più consistenti. Anche il tasso di disoccupazione diminuisce soprattutto nelle regioni meridionali. Le differenze permangono elevate.

 

I segnali di progressivo rallentamento della crescita congiunturale del Pil avviatasi all’inizio dell’anno sono confermati nell’ultimo trimestre del 2015. La pur debole dinamica positiva ha condotto comunque ad un’ulteriore risalita del tasso di crescita tendenziale, passato a +1,0% da +0,8% del terzo trimestre e +0,6% del secondo. Tale risultato è accompagnato da un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, rilevato da gran parte degli indicatori, con aumenti congiunturali sia dell’input di lavoro impiegato, sia del tasso di occupazione. Un tratto caratteristico di questa fase congiunturale è la divaricazione tra l’andamento positivo dell’occupazione dipendente e la debolezza persistente di quella indipendente; inoltre, all’interno del lavoro dipendente, cresce in misura significativa l’occupazione a tempo indeterminato, in un contesto di progressiva estensione della ripresa della domanda di lavoro anche da parte dell’industria dopo la forte ripresa già registrata nel settore dei servizi.

 

Nel quarto trimestre 2015 l’occupazione risulta stabile, dopo la crescita nei due trimestri precedenti, ma all’aumento registrato nel Nord e nel Centro si contrappone la riduzione nel Mezzogiorno. Il tasso di occupazione sale soprattutto tra i 50-64enni mentre il tasso di disoccupazione rimane invariato e quello d’inattività diminuisce. La stabilità dei livelli occupazionali complessivi è la sintesi di un consistente aumento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (99 mila in più rispetto al terzo trimestre), bilanciato da cali dei dipendenti a termine (-43 mila) e degli indipendenti (-48 mila).

 

I dati relativi a gennaio 2016, al netto della stagionalità, registrano una crescita degli occupati (+70 mila) che tornano al livello di agosto, dopo le variazioni nulle di ottobre e novembre e il calo di dicembre.

 

L’aumento tendenziale dell’occupazione registrato nel quarto trimestre (+184 mila) è dovuto quasi esclusivamente agli uomini e risulta trainato dai lavoratori dipendenti, cresciuti di 298 mila unità, in gran parte a tempo indeterminato (+207 mila) e, tra i dipendenti a termine, dall’incremento di quanti hanno un lavoro di durata non superiore a sei mesi. Accanto alla risalita degli occupati a tempo pieno, l’aumento del lavoro a tempo parziale coinvolge soprattutto quello di tipo volontario.

 

I dati di flusso mostrano che, a distanza di dodici mesi, crescono le transizioni dei dipendenti a termine verso il lavoro a tempo indeterminato (+3,5 punti) e i passaggi da collaboratore a dipendente (+14,4 punti) sia a termine sia a tempo indeterminato. Inoltre diminuisce la permanenza nella disoccupazione (-5,1 punti) e aumenta la probabilità di transitare nell’occupazione (+2,1 punti) o nell’inattività (+3,0 punti).

 

Dal lato delle imprese si registra, su base congiunturale e tendenziale, un considerevole aumento di utilizzo del lavoro sia per le posizioni lavorative sia per le ore lavorate, anche per la consistente riduzione del ricorso alla Cassa integrazione. La crescita è robusta nei settori dei servizi e, per la prima volta dal secondo trimestre del 2008, torna anche nell’industria. Le dinamiche delle posizioni in somministrazione e del tasso di posti vacanti, due indicatori utili a valutare le tendenze prospettiche dell’assorbimento di posti di lavoro da parte delle imprese, segnalano una relativa debolezza congiunturale, associata tuttavia a tendenze positive su base annua. L’aumento delle retribuzioni di fatto è risultato superiore all’inflazione, con una prosecuzione del recupero di potere d’acquisto al lordo delle imposte. Continuano a diminuire gli oneri sociali, per effetto della consistente riduzione contributiva associata alle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Queste due tendenze possono risultare rilevanti come stimolo alla crescita economica attraverso il sostegno alla domanda di consumo (indotta dalla crescita delle retribuzioni in termini reali) e alla competitività delle imprese (derivante dalla riduzione del costo del lavoro).

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