«Nelle nostre case abbiamo bisogno di due bandiere, quella europea e quella italiana. Una accanto all’altra. La bandiera europea serve a garantirci il futuro, perché di fronte a giganti come gli Usa e la Cina o siamo in Europa o non ce la facciamo neanche a garantire la nostra bandiera tricolore. Che rappresenta la nostra identità, il nostro welfare, il nostro stile di vita. Paradossalmente i sovranisti non comprendono che indebolendo l’Europa indeboliscono anche la sovranità degli Stati membri».
Romano Prodi, due volte presidente del Consiglio italiano e presidente della Commissione Ue dal 1999 al 2004, rilancia con il ‘Sole 24 Ore’ l’iniziativa di esporre dal 21 marzo una bandiera europea in ogni balcone.
«La bandiera non si mette fuori un giorno, si inizia il 21 marzo e si va avanti fino alle elezioni europee del 26 maggio».
Presidente Prodi, una bandiera europea in ogni balcone italiano. Ma perché proprio il 21 marzo?
«Perché è il primo giorno di primavera. E perché è l’anniversario della nascita di San Benedetto, non a caso patrono d’Europa: nel secolo più buio e tragico del disfacimento dell’impero romano ha fatto appello ai nostri valori comuni, partendo dalla religione, per ricostruire l’anima e la stessa economia dell’Europa di allora. Non dimentichiamoci che furono i benedettini a iniziare le bonifiche in tutte le terre d’Europa e a dare il via alla moderna agricoltura».
Le elezioni europee del 26 maggio sono sempre più sentite come un braccio di ferro tra sovranisti ed europeisti. L’Unione è a rischio?
«Come ha ricordato il mese scorso Mario Draghi qui a Bologna quando ha ricevuto la laurea honoris causa, l’unico modo per conservare la nostra sovranità è stare insieme nell’Unione europea. O restiamo protetti dentro una corazza forte e grande oppure non riusciremo a garantire un futuro ai nostri nipoti. È il paradosso dei sovranisti, che infatti non riescono ad accordarsi tra di loro sui grandi temi a cominciare dall’immigrazione. Quindi il passaggio delle prossime elezioni europee è particolarmente importante».
Il 20 marzo il Ppe deciderà il destino del premier ungherese Victor Orbàn, il cui partito è ancora nella famiglia popolare. Un passaggio importante per definire il campo degli europeisti…
«Il caso Orbàn non è importante quantitativamente, perché i suoi deputati sono solo otto, ma è molto importante per le future alleanze. Espellerlo dal Ppe sarebbe certo un problema, ma si è reso ormai incompatibile. Fino a poco tempo fa molti nel Ppe pensavano che Orbàn fosse per così dire a metà strada, ma negli ultimi mesi sono state fatte scelte che hanno cambiato la natura costituzionale dell’Ungheria rendendola incompatibile con il sistema liberal-democratico. Ma non so che scelta sarà fatta da Manfred Weber, il candidato del Ppe: bisogna vedere se prevarrà il bisogno di salvare l’anima o quello più immediato di non perdere voti. Da questo dipenderà anche l’assetto del dopo elezioni: il peso dei sovranisti sarà limitato ma probabilmente l’accordo tra Ppe e Pse non basterà e bisognerà aprire ad altre forze, i liberali con Macron e o i Verdi».
A proposito di giganti come la Cina, che cosa ne pensa dell’accordo sulla “via della seta” che il governo italiano si appresta a siglare?
«Non ho alcuna idea di che accordo sia, quindi non posso pronunciarmi. Noto però che se la politica commerciale è di competenza europea, riguardo ai porti c’è una concorrenza forte tra gli stessi Stati europei. Ed è giusto che Genova e Trieste facciano un tentativo per avere un ruolo più forte nei confronti dell’Est. Negli ultimi 20 anni il Mediterraneo è ritornato centrale e noi dobbiamo predisporre i nostri porti ad essere il più aperti possibile per non essere tagliati fuori da Rotterdam a Nord e da Atene a Sud. Rispetto ai porti del Nord Europa i nostri hanno il vantaggio di essere a 4-5 giorni di navigazione in meno per tutto l’Est, e rispetto ad Atene quello di essere nel cuore dell’Europa. Non dobbiamo ripetere l’errore fatto con le grandi navi container che fanno il giro del mondo, quando i porti di Taranto e di Gioia Tauro persero un’occasione storica».
E i nostri di sovranisti, M5s e Lega?
«Mi sembra intanto che i due partiti di governo non siano d’accordo quasi su nulla, e l’effetto è il disastro che è sotto i nostri occhi. Mi sembra poi che in Europa il M5s non abbia ancora messo il nome sul campanello. Sono in attesa, in una sorta di terra di mezzo. E intanto sono venuti meno i propositi di uscire dall’Europa e dall’euro. La Brexit sta facendo venire i brividi a tutti gli anti-euro».