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Pinotti: “Una partnership con gli Emirati per rendere Genova più forte”

Roberta Pinotti nominata presidente della Fondazione Italia-Emirati Arabi Uniti è una bella notizia per Genova. Per una città che vuole acquisire forza e visibilità all’estero, in un periodo molto delicato dopo il crollo del Ponte. E perché è una donna ad aver ottenuto questo incarico di prestigio. L’ex ministro della Difesa è stata scelta fra una rosa di uomini, ampia, mentre era il solo esponente femminile. Il gradimento giunto dalla parte araba, molto convinta dell’indicazione, è un dettaglio tutt’altro che trascurabile. È dunque rigorosamente davanti a una spremuta d’arancia che la senatrice, appena rientrata in aereo da Roma, parla a sera con Repubblica in un locale storico nel centro di Genova «È una scelta – dice – che mi onora». Nel consiglio di amministrazione dell’organismo, dove il presidente arabo è Badr Al Olama, fra gli altri c’è il senatore del Pd, Nicola Latorre, mentre tra i consiglieri spiccano i nomi di Gianni Letta e di Benedetto Della Vedova.
 

Senatrice Pinotti, la nomina è stata ufficializzata tre giorni fa. Lei quando ha saputo che era stata indicata?

 
«A gennaio. C’erano alcuni nomi, graditi da entrambe le parti, e poi hanno cercato un rappresentante che avesse avuto una relazione positiva con la leadership degli Emirati».
 

Quando aveva visitato il Paese?

 
«Una volta da sottosegretario e due da ministro, fra il 2014 e il 2015, oltre a vari incontri bilaterali. Ne ricordo uno molto importante, a Villa Madama a Roma».
 

Che impressione aveva ricavato?

 
«Mi avevano colpito i colloqui lunghi che avevano voluto con me a margine degli incontri».
 

Perché? Come si sono dimostrati?

 
«Molto diretti, come sono io. E con molta franchezza su quelli che possono essere i rispettivi punti di vista. Questo essere diretta, su possibilità e limiti, è un elemento che a loro è piaciuto».
 

Come lo ha capito?

 
«Quando qualcuno mi ha riferito come mi avevano descritto: ‘Una persona che si può guardare negli occhi e si capisce che è sincera».
 

Lei è una donna, anche.

 
«È un bel segnale che un Paese arabo abbia proceduto a scegliermi dando il suo gradimento».
 

Adesso che cosa intende fare?

 
«Intanto voglio dire di esserne stata informata ufficialmente lo stesso giorno in cui Papa Francesco, a febbraio, era in visita negli Emirati. Quando lui ha detto di voler instaurare un rapporto di fraternità con un Islam molto tollerante, mi è sembrato un segnale».
 

Nei colloqui diretti che aveva avuto a suo tempo con gli emiri la franchezza era dovuta a qualche rigidità intercorsa fra Roma e Abu Dhabi?

 
«In passato c’erano state delle incomprensioni con l’allora Finmeccanica, e i rapporti con l’Italia si erano raffreddati. Dal mio punto di vista ho chiarito con altrettanta franchezza i miei punti di vista. E poi negli anni in cui l’Isis si stava espandendo ho percepito la forte preoccupazione degli Emirati di voler prendere nettamente le distanze. Questo è un Paese che ospita una sinagoga, ad esempio».
 

Il suo predecessore in questo incarico era Franco Frattini: da Forza Italia a un esponente del Pd. Il governo gialloverde ha avuto un ruolo in questo?

 
«Questa è un’associazione privata. Che promuove scambi culturali e industriali. Con un interesse assolutamente bipartisan. Io sono anche presidente dell’Interparlamentare Italia-India nata per riprendere i rapporti con New Delhi dopo la vicenda dei marò».
 

E dal punto di vista economico che sviluppi ci possono essere?

 
«Loro vogliono molto allacciare rapporti, che si erano chiusi con la Piaggio sulla vendita dei droni, e aprirne altri, con Eni e altre imprese medie e piccole».
 

La vicenda della Piaggio è definitivamente conclusa?

 
«Ci sono molte soluzioni per investire sulla Piaggio. Mi auguro che il governo trovi le più concrete e le risorse necessarie».
 

E per Genova?

 
«Io credo che sia una città dalle molte capacità inespresse. Genova non è solo il porto o le industrie, ma settori della meccanica, elettronica, ingegneristica. Abbiamo capacità straordinarie. Però, in perfetto stile genovese, sono tutte poco conosciute. Io lavorerò per tutta l’Italia, ma mi auguro che ci possano essere per Genova occasioni di rapporti proficui e di partnership».
 

E poi c’è tutto un ampio fronte culturale da sviluppare, no?

 
«Il fatto che abbiano invitato il Papa rivela quanto gli Emirati siano alla ricerca di messaggi valoriali alti. Pensano che la cultura sia un superconduttore di umanità».
 

Una proposta al volo?

 
«Loro hanno una splendida Opera House. La prima cosa che mi viene in mente è una possibile interazione con il Carlo Felice, adesso in tournée in Oman. Ma avremo modo di pensare a tante altre iniziative».

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