«L’unità della Cgil è un valore, come lo è per tutte le esperienze del campo progressista sociale e politico». Maurizio Martina, candidato alla segreteria del Pd, è pronto ad accogliere sbraccia aperte Maurizio Landini alla guida del sindacato.
«Dobbiamo guardare con grande attenzione alla nuova stagione che si aprirà in casa Cgil, riprendere un confronto nel rispetto delle reciproche autonomie».
Onorevole,siete pronti a una piattaforma comune con la Cgil?
«Guardo con grande attenzione alla condivisione delle battaglie e degli impegni, a partire dal 9 febbraio quando parteciperò alla manifestazione unitaria dei sindacati contro il governo, spero con gli altri candidati del Pd».
Riprenderete un’interlocuzione?
«Con Landini, come con Colla, ci conosciamo da tempo, l’interlocuzione non è mai mancata».
Quella di Landini è di certo una leadership forte, mentre quella del Pd rischia di essere più debole. Un problema?
«Quella del Pd sarà forte dopo le primarie. E tutte le leadership si misureranno con la sfida della rappresentanza. Non guardo con preoccupazione alla leadership di Landini. Anzi, è importante per un cambiamento sociale».
La Camusso, nel chiudere l’accordo con Landini, è stata molto critica con il governo.
«Giustamente».
Ma non vi è venuto il dubbio che il reddito di cittadinanza, con tutti i suoi limiti, sia una misura alla quale avrebbe dovuto pensare un governo di centrosinistra?
«Faccio una controproposta: rafforzare il reddito di inclusione, che noi abbiamo fatto, e mettere il resto delle risorse sull’assegno di disoccupazione, la Naspi».
Anche il Rei, però, lo avete fatto solo a fine legislatura.
«Dovevamo farlo prima e finanziarlo per intero. Con il reddito di cittadinanza si pone un tema che non possiamo sottovalutare, ma con modalità applicative che non reggeranno».
Si riprende un percorso comune con la Cgil?
«Voglio un dialogo vero con tutti i sindacati. Nella mia mozione ho scritto che è tempo di tornare a investire su mediazione sociale, corpi intermedi e rapporto forte, plurale, libero con le associazioni sindacali».
Però il governo Renzi, di cui lei ha fatto parte, la Cgil l’ha attaccata duramente, relegandola a un’organizzazione antica.
«Ma abbiamo fatto anche molte cose insieme: penso alla legge contro il caporalato. Ma è chiaro che serve una nuova stagione di rapporti».
Nella sua mozione sono molti ex renziani doc. Può dire che il Pd ha definitivamente rimosso Renzi, anche rispetto al rapporto con la Cgil e con Landini?
«Non bisogna personalizzare: su tante crisi aziendali c’è stato un lavoro importante condiviso. So che ci sono stati momenti di divisione. Una pagina nuova si scrive costruendola consapevolezza che c’è la diffusa necessità di un soggetto sociale e politico. Il faro è l’articolo 3 della Costituzione».
Nella rottura è stato centrale il Jobs ad. Pentimenti?
«Ne difendo l’impianto riformista, ma sono pronto a discutere come si fa meglio o di più. Nella mozione parlo di salario minimo legale, abolizione definitiva dei tirocini gratuiti, di una legge sul modello tedesco per dare equilibrio ai tempi di lavoro».