Il caporalato va sradicato, perché va garantita la dignità dei lavoratori. E se davvero il governo è in grado di mettere in campo ulteriori interventi contro il caporalato, li sosterremo senza se e senza ma. Ma a patto che siano azioni concrete, non slogan…».
Il segretario del Pd Maurizio Martina è in treno, diretto a Bologna. Al telefono la sua voce va e viene, fra una galleria e l’altra. Proviene da Foggia, dove ha incontrato le organizzazioni dei lavoratori: «Sono stato in ospedale a trovare uno dei sopravvissuti al primo incidente. In tutto, sono 16 le vite di braccianti stranieri spezzate in questi giorni in quel territorio, una vera tragedia».
Da ministro dell’Agricoltura nel governo Renzi, lei volle fortemente l’attuale legge anti caporalato.
«La legge 199 del 2016 contro il caporalato è una buona legge. Non va cambiata, va applicata».
Ma, a giugno, il ministro dell’Interno Salvini ha detto che quella normativa «invece di semplificare, complica». Critiche ingiustificate?
«Mi auguro che, tanto più dopo la tragedia di Foggia, si riconosca che quella legge è stata un punto di svolta. Ha consentito un aumento dei controlli e una capacità di repressione che oggi viene riconosciuta da tutti: magistrati, forze dell’ordine e associazioni. Sono aumentati i casi denunciati, gli arresti, le confische e, di converso, anche le regolarizzazioni delle aziende pizzicate in situazioni irregolari. Non lo dico io, ma dati ufficiali».
Quali?
«Quelli dell’Ispettorato nazionale del lavoro. L’ultimo rapporto, del 2017, riferisce ad esempio di 360 provvedimenti di sospensione di attività imprenditoriali, di cui 312 poi revocati per la regolarizzazione delle imprese. Sul fronte della manodopera, le ispezioni hanno permesso di individuare 5.222 lavoratori irregolari (di 3.549 in nero). E l’attività di polizia giudiziaria ha permesso di riconoscere, fra i braccianti, 387 vittime di sfruttamento in agricoltura».
Può essere utile aumentare gli ispettori, come promette il ministro del Lavoro Di Maio?
«Sì. Ma ricordo che il nostro governo aveva già varato l’assunzione di altri 150 ispettori in più. Ora, se l’attuale esecutivo intende passare dalle parole ai fatti, aggiungendo risorse per aumentare ancora l’organico, noi sosterremo l’intervento. Ma spero proprio che non provino a rivendersi scelte già fatte da altri, parlando degli stessi ispettori “assunti” da noi… ».
Oltre agli ispettori, cosa si può fare?
«Gli strumenti per la repressione ci sono, ma quelli per la prevenzione andrebbero rafforzati subito, senza perdere tempo in polemiche sterili».
In quale modo?
«Avevamo impostato un lavoro, ma bisogna accelerarlo. Le questioni fondamentali sono due: alloggi e trasporti. Nel primo caso, mi riferisco ad alloggi legali per i braccianti stagionali, che consentano di superare la realtà dei ghetti e delle baraccopoli. Riguardo ai trasporti, occorre una gestione che faccia uscire dall’illegalità il sistema di spostamento dei braccianti dai luoghi di riposo a quelli di lavoro. Come governo, avevamo avviato un lavoro con gli enti locali su reti di trasporto sicure. A Foggia, ad esempio, si potrebbe rafforzare il tavolo al quale lavora un prefetto, Iolanda Rolli, nominata nel 2017 commissario di governo per il contrasto al caporalato nella zona di Manfredonia».
I «ghetti» dei braccianti non piacciono neppure al ministro Salvini, che promette di «svuotarli progressivamente». Cosa ne pensa?
«Intanto continuo a trovare incomprensibile, a due anni di distanza, il fatto che solo la Lega, in quel Parlamento, non abbia votato la legge anti caporalato. Ciò detto, ascoltando le dichiarazioni del ministro dell’Interno in conferenza stampa a Foggia, non mi pare di aver sentito alcuna proposta operativa, concreta. Peccato».